venerdì, 15 Novembre, 2024
Economia

Fitto: le opere del Pnrr che non riusciremo a fare peseranno sul debito

Rapporto sulle infrastrutture trasporti della Fondazione Sussidiarietà: Italia investe la metà degli altri paesi

“Peseranno sul debito le opere del Pnrr che non riusciranno ad essere collaudate entro il 30 giugno 2026.” Lo ha detto il ministro delle politiche europee, il Sud e il Pnrr Raffaele Fitto intervenendo a Roma, al convegno di Unioncamere “Sussidiarietà e…governo delle infrastrutture”. “Se i progetti del Pnrr non sono collaudati entro il 30 giugno del 2026 – ha aggiunto il ministro – non solo si incappa in un procedimento di infrazione, il danno non è solo quello di perdere una quota della rata, ma c’è anche la beffa di dover poi recuperare nel bilancio dello Stato nazionale le risorse necessarie perché poi, nel frattempo, quell’intervento ha rappresentato un’obbligazione giuridicamente vincolante verso il sistema di realizzazione delle opere.” Così come è fondamentale anche “il rapporto pubblico-privato”, ha ribadito Fitto, perché “è una delle opportunità più grandi del Pnrr.”

Visione strategica

L’Italia destina alle infrastrutture di trasporto appena lo 0,5% del prodotto interno lordo, quasi la metà rispetto ai maggiori partner europei come Gran Bretagna (0,9%), Francia (0,9%) e Germania (0,8%), in base ai più recenti dati disponibili (2021), mentre la Spagna (0,5%) è in linea con noi. È quanto emerge dal Rapporto, secondo il quale dal 2010 al 2020 l’Italia ha speso per la costruzione e manutenzione di infrastrutture di trasporto circa 98,3 miliardi di euro. Gli investimenti hanno superato i 227 miliardi di euro in Germania, 223 in Francia e 186 in Gran Bretagna. Solo la Spagna ha fatto meno con 90 miliardi di euro. Sempre secondo il Rapporto l’Italia è in coda nelle risorse per i progetti (indice 49 su 100) e nei processi di selezione e gestione dei fornitori (48), ma è al primo posto fra i maggiori paesi europei per la “visione strategica” nella realizzazione delle infrastrutture pubbliche (58). La “visione strategica” si basa su indicatori quali la capacità di pianificazione e coordinamento, il consenso politico, il coinvolgimento dei diversi soggetti e il monitoraggio.

Responsabilità diffusa

Il Rapporto prende in esame la mobilità, l’energia, le risorse idriche e le telecomunicazioni. Lo studio ha l’obiettivo di verificare quanto “l’approccio sussidiario sia utile a cambiare contenuto e metodo dello sviluppo sostenibile” in questo settore. La cultura della sussidiarietà, infatti, introduce una dimensione di “responsabilità diffusa” per il bene comune, mettendo al centro il dialogo costruttivo tra comunità locali e amministrazioni centrali. Ci sono 5 fasi chiave da considerare: programmazione, progettazione, realizzazione, gestione e manutenzione. Con il dialogo e il coinvolgimento dei vari soggetti si migliorano i progetti e si snelliscono i processi. La chiave del successo è la sussidiarietà, sia verticale (i diversi livelli di governo) che orizzontale (i vari soggetti e il terzo settore).

Coordinare livelli di governo

“L’investimento in infrastrutture di qualità e nella loro gestione deve fare i conti con problemi quali la sostenibilità, il consumo di suolo e il coinvolgimento delle realtà locali”, osserva Giorgio Vittadini, Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, “ma bisogna superare la contrapposizione tra Stato centrale, amministrazioni locali e società civile e perseguire una vera cultura della sussidiarietà che consiste nel dialogo continuo tra diversi livelli di governo e tra questi e le comunità locali. In sintesi per raggiungere obiettivi che interessano il bene comune, le reti di cui ha bisogno l’Italia devono essere realizzate pensando a una prospettiva di lungo periodo, e coinvolgendo i territori e i corpi intermedi”.

Connessione e cooperazione

“La connessione è oggi la chiave di volta della nostra vita, nel lavoro e nel tempo libero”, afferma Graziano Delrio, deputato, già Ministro delle Infrastrutture, che ha preso parte all’incontro: “l’Italia deve rafforzare i suoi collegamenti internazionali e le sue reti interne, nella mobilità nazionale e locale. Serve un lavoro paziente e serio, un lavoro collettivo, che tenga uno sguardo largo sul Paese, non solo sulle infrastrutture. Le connessioni, la mobilità, le infrastrutture, non sono una questione a sè stante, sono collegate al protagonismo della società, allo sviluppo della società. Il Paese deve imparare a cooperare, a fare sistema”.

Casi virtuosi e modalità

Andrea Prete, presidente di Unioncamere, ha osservato che “le Camere svolgono anche il ruolo di soggetto facilitatore del confronto. Ne è un esempio il Libro bianco sulle priorità infrastrutturali, nel quale Unioncamere e Uniontrasporti hanno individuato le 256 opere ritenute essenziali dalle imprese italiane.” Veronica Pamio, vice presidente di ADR, ha sottolineato come Aeroporti di Roma, grazie all’interazione tra pubblico e privato, l’azienda è diventata “la prima del Lazio e miglior hub d’Europa per sei anni consecutivi”. Manuela Rocca, direttrice generale di Telt, ha detto che “la Torino-Lione ha dimostrato che per progettare un’infrastruttura sostenibile serve un “luogo del dialogo”: l’Osservatorio ha riunito per la prima volta tecnici e amministrazioni locali arrivando a un nuovo progetto condiviso. Un approccio che oggi si è concretizzato in cantieri con oltre 2.500 persone al lavoro.” Michelangelo Suigo, direttore Relazioni Esterne, Comunicazione e Sostenibilità di INWIT, riguardo la digitalizzazione ha osservato che “è necessario che le rilevanti semplificazioni adottate a livello nazionale vengano recepite appieno a livello locale, al fine di evitare ritardi nella realizzazione” delle infrastrutture.

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