Ormai quasi un quarto della popolazione italiana è over 65, per molti un vero e proprio patrimonio di risorse, che andrebbero valorizzate invece che marginalizzate. Certamente l’accelerazione tecnologica legata al digitale e, soprattutto, all’avvento della Intelligenza Artificiale, aumentano il divario intergenerazionale. Ripensare nuove forme di alfabetizzazione significherebbe garantire una maggiore partecipazione alla vita sociale e relazionale di circa 13,9 milioni di persone.
Accrescere le competenze digitali per vera inclusione sociale
A sostenerlo particolarmente è Vanessa Pallucchi, Portavoce nazionale del Forum del Terzo Settore, intervenuta all’incontro “Vivere Digitale” organizzato dalla Rete Associativa ADA nella sala stampa di Montecitorio. “Sicuramente è una questione di competenze digitali – ha dichiarato Pallucchi ai nostri microfoni – e molto fanno le nostre organizzazioni del terzo settore per colmare questo divario, ma a volte è anche una questione di carattere economico se non culturale. Occorre, cioè, creare dei contesti all’interno dei quali gli anziani possano apprendere non solo la digitalizzazione per accedere ai servizi, ma anche per farli partecipare attivamente e non essere ai margini. Anche perché sono tra le generazioni che riescono a dare un vero contributo attivo e da protagonisti alle nostre comunità”.
Ridurre il digital devide intergenerazionale
A condividere questo obiettivo è la Rete ADA, nata nel 1990 come una associazione ispirata e fondata dalla Uil pensionati e che nel corso degli anni ha ramificato la sua presenza su tutto il territorio nazionale, totalizzando circa 150 sedi e quasi 30.000 tesserati, trasformandosi in una Federazione di associazioni. Entrata a pieno titolo all’interno del grande panorama del Terzo Settore, si occupa di diritti degli anziani, di longevità attiva, ma soprattutto di intergenerazionalità, che è il punto centrale di questa inclusione. “Il concetto di longevità attiva – ci ha spiegato il Portavoce Nazionale Rete Associativa ADA, Antonio Derinaldis – è abbastanza nuovo, nel senso che, dinanzi alle grandi sfide che l’Agenda 2030 ha evidenziato rispetto allo sviluppo sostenibile, ai cambiamenti climatici e al grande avvento delle tecnologie emergenti (AI, robotica, Metaverso, etc.), tutto questo grande mondo tecnologico non può far altro che accompagnare le persone, in particolare le persone in età matura, per creare le condizioni affinché il digitale possa essere una forma di co-living, di convivenza, che non ci sostituisce, ma che ci accompagna attraverso i cambiamenti”.
Il Progetto “Vivere Digitale”
Resta comunque il problema della alfabetizzazione digitale delle persone in là con gli anni. Da qui l’idea del Progetto della Rete ADA “Vivere Digitale”, un portale di informazione, che terrà compagnia alle persone anziane con lezioni di Fitness, cultura, nutrizione, attività museali, gite turistiche virtuali e podcast, con lo scopo primario di rendere familiari i servizi on line. “Il progetto vuole puntare non solo alla longevità attiva – ha aggiunto Derinaldis – , ma anche alla longevità trasversale, intergenerazionale. Forse noi stiamo entrando in una fase nuova, quella della multigenerazionalità, dove le generazioni fra di loro si incontrano. Le generazioni si accorciano, perché tutti stiamo vivendo le stesse trasformazioni e le stesse problematiche”.
Il concetto di longevità attiva
I temi della longevità attiva e delle tecnologie intergenerazionali sono, dunque, centrali nel contesto della transizione demografica, della trasformazione digitale e dell’invecchiamento della popolazione. L’invecchiamento attivo è un concetto promosso dall’OMS, che non si riferisce solo alla salute fisica e mentale delle persone anziane, ma anche alla partecipazione sociale e civica, alla autonomia e alla qualità della vita e al ruolo degli anziani nella società. Anziani che sono sempre più attivi, connessi e coinvolti e che possono contribuire alla società come volontari, mentori, caregiver, formatori.
Barbagallo: “Anziani, vero ammortizzatore sociale”
Ciononostante allo stato attuale rischiano l’isolamento, la solitudine e l’esclusione digitale. “Bisogna fare in modo che i pensionati possano ancora dare una mano al Paese – ci ha detto Carmelo Barbagallo, segretario Generale UIL Pensionati, presente all’incontro -. I pensionati sono stati il vero ammortizzatore sociale dell’Italia, perché in ogni famiglia hanno collaborato fisicamente ed economicamente. Ora tutti si pongono il problema, perché siamo arrivati al 25%, di cosa far fare ai pensionati, di diverso ovviamente da ciò che facevano prima. A settant’anni non si può più salire sulle impalcature, perché se una anziano cade rientra tra i delitti impuniti. Dobbiamo fare in modo che i nostri pensionati possano avere la collaborazione dei giovani, così come loro devono collaborare con i giovani”.
Per loro, arrivati a quota 1.100.000 persone, andrebbe pensata una formazione ad hoc e, soprattutto, continua, per la tendenza a dimenticare le prassi per arrivare al risultato. “Però, – ha concluso Barbagallo – come dico sempre, vale il vecchio proverbio Masai: i giovani corrono veloci, ma gli anziani conoscono la strada e solo assieme possiamo arrivare prima”.




