L’unità operativa di ortopedia della casa di cura “Madonna della salute” di Porto Viro è il primo centro in Veneto nel campo della protesi di spalla. Il risultato, raggiunto grazie alle 103 protesi impiantate in un anno, è contenuto nei dati del PNE-Programma Nazionale Esiti 2020 sviluppato da AGENAS (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) su mandato del Ministero della Salute che fornisce valutazioni comparative di efficacia, equità, sicurezza e appropriatezza delle cure prodotte nell’ambito dell’assistenza ospedaliera.
“Dal rapporto emerge non solo il primato a livello regionale – spiega Sabri Dlimi ortopedico della casa di cura “Madonna della salute” di Porto Viro – ma anche l’ottimo posizionamento a livello nazionale dove ci attestiamo al decimo posto in assoluto. Un risultato reso possibile dai tanti professionisti coinvolti: oltre all’ortopedico, il radiologo, gli infermieri, l’anestesista il fisioterapista. È un successo multidisciplinare”.
La protesi di spalla viene eseguita in presenza di talune condizioni cliniche come l’artrosi o la rottura dei tendini delle cuffie dei rotatori: se non è possibile riparare il danno si procede alla sostituzione dell’articolazione con notevole miglioramento della qualità della vita. “L’età media dei soggetti, classicamente, è attorno ai 70 anni. Ma tocca anche persone giovani – adulte (30-50 anni) se il problema che involve la spalla presenta una base genetica o post-traumatica, conseguente, quindi ad un incidente oppure all’esecuzione di lavori particolarmente usuranti. – aggiunge Dlimi – Qui a Porto Viro abbiamo iniziato ad effettuare interventi di protesi di spalle nel 2013 e siamo passati dai dieci interventi annuali agli oltre 100 attuali. E sono interventi computerizzati”.
In pratica i soggetti da operare vengono sottoposti ad una Tac particolare che viene caricata su un software: i dati vengono elaborati dall’azienda produttrice della protesi negli Stati Uniti e i risultati finali vengono utilizzati per il planning preoperatorio. “In tal modo decidiamo prima dell’intervento, ad esempio, il diametro della sfera, la lunghezza delle viti e in generale tutto quello che serve alla corretta realizzazione dell’impianto – sottolinea Dlimi – Tutto questo riduce al minimo il margine di errore. E più un impianto è preciso, più dura nel tempo”. Dal punto di vista riabilitativo il paziente viene ricoverato dai 3 ai 5 giorni e può muovere l’articolazione da subito; il percorso può dirsi terminato dopo circa quattro mesi.