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Redditi fermi e pensioni irraggiungibili: l’allarme di NIdiLCgil sui parasubordinati nella nuova Manovra

Dall’analisi su oltre 640mila collaboratori e partite Iva emergono compensi troppo bassi, tutele insufficienti e scenari previdenziali critici
venerdì, 5 Dicembre 2025
2 minuti di lettura

La Legge di Bilancio attualmente in discussione non sostiene i redditi da lavoro e rischia di lasciare immutato, se non aggravare, il quadro di forte vulnerabilità economica che riguarda oltre 640 mila lavoratrici e lavoratori parasubordinati: 208mila collaboratori e 436mila partite Iva individuali “esclusive”, cioè non iscritte a ordini professionali. È quanto emerge dall’analisi condotta da NIdiL Cgil insieme all’Osservatorio Pensioni della Cgil sui dati Inps della Gestione separata. Si tratta di figure spesso invisibili: co.co.co. impiegati nel settore privato e nel pubblico, dagli operatori dei call center alle maestre d’asilo, e professionisti autonomi come archeologi, grafici, guide turistiche, traduttori. Una forza lavoro frammentata, con redditi bassissimi oggi e prospettive pensionistiche drammatiche domani.

Compensi insufficienti

Il dato più evidente è la sproporzione tra il lavoro svolto e i compensi percepiti. I collaboratori esclusivi nel 2024 hanno guadagnato mediamente 8.566 euro; per le donne il valore scende a 6.839 euro, mentre gli under 35 si fermano a 5.530. Anche tra i professionisti con partita Iva esclusiva la situazione non migliora: la media è di 18.094 euro annui, con le donne che percepiscono circa 15.700 euro e gli under 35 poco più di 14.400. Sono importi che non consentono di condurre una vita dignitosa e che, al tempo stesso, non generano contribuzione sufficiente per accedere ai diritti sociali.

Prestazioni sociali deboli o negate

L’analisi mostra come una quota consistente di parasubordinati versi contributi senza ottenere in cambio neppure un mese pieno accreditato. Tra i collaboratori esclusivi il 22,5% è contribuente netto: paga ma non matura contribuzione utile e resta escluso da malattia, maternità, disoccupazione. Solo l’8% raggiunge l’anno pieno di contribuzione; tra gli under 35 la quota crolla al 2,17% e tra le donne al 3,76%. Tra i professionisti con partita Iva esclusivi i contribuenti netti sono circa 36 mila, principalmente donne e giovani; solo il 35% riesce a maturare 12 mesi di contributi nell’anno. Anche in questo caso le tutele sociali restano spesso fuori portata.

Pensioni impossibili

Le prospettive pensionistiche sono altrettanto critiche. Per un collaboratore esclusivo che raggiunge un anno pieno di contributi (per la precisione si tratta di un traguardo toccato appena dall’8% della platea) servirebbero almeno 30 anni di versamenti per poter andare in pensione a 64 anni con un assegno lordo di circa 853 euro. Per un professionista con partita Iva esclusiva, sempre con 30 anni di contribuzione, l’uscita sarebbe possibile a 67 anni con una pensione di circa 646 euro mensili. Ma per la stragrande maggioranza l’unica strada realisticamente percorribile resta l’uscita a 71 anni, unica età che non richiede importi minimi di pensione, a fronte però di assegni modesti e incompatibili con una vita dignitosa. Questo è il destino del 92% dei collaboratori esclusivi e del 65% delle partite Iva individuali, nonostante un dato paradossale: la Gestione separata ha prodotto nel 2024 un avanzo di 9,6 miliardi di euro, proseguendo un trend positivo che dura da almeno dieci anni.

Le richieste di NIdiL Cgil

Posto che c’è un tema di qualificazione dei rapporti di lavoro quando mascherano lavoro dipendente, le scelte da fare nell’immediato vanno in direzione opposta a quanto fa il Governo”, le parole di Andrea Borghesi, Segretario generale di NIdiL Cgil. Per il sindacato è necessario introdurre un vero salario minimo o un equo compenso che non possa essere inferiore a quanto previsto dai contratti collettivi nazionali per le figure professionali equivalenti, e che rappresenti anche la soglia minima per i compensi dei parasubordinati. Borghesi chiede inoltre l’eliminazione del differenziale contributivo che oggi penalizza i collaboratori, costretti a versare quasi il 2% in più dei dipendenti mentre le imprese risparmiano. Altro nodo fondamentale è l’accesso alle prestazioni sociali: servono ammortizzatori universali che tutelino malattia, maternità e disoccupazione, oltre a una pensione contributiva di garanzia per chi vive carriere frammentate e redditi bassi.

Il 12 dicembre sciopero generale

Per queste ragioni NIdiL Cgil ha annunciato la mobilitazione. Il 12 dicembre collaboratori e partite Iva scenderanno in piazza in uno sciopero generale “contro politiche che nulla fanno sul fronte di redditi e pensioni”. Una protesta che punta a riportare al centro del dibattito pubblico un esercito di lavoratrici e lavoratori ancora troppo spesso ignorati, nonostante il loro contributo essenziale al funzionamento di interi settori del Paese.

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