mercoledì, 16 Ottobre, 2024
Manica Larga

Parità di genere: l’anomalia italiana

Il tetto di cristallo è vivo e vegeto tra noi ed è lì a ricordarci che c’è ancora molto da fare per raggiungere la parità di genere. A confermarlo l’ultimo rapporto del World Economic Forum, il quale mette in evidenza come nessun paese al mondo sia nella condizione di poter vantare il primato della raggiunta piena parità. Si tratta di una sfida enorme e di una strada ancora lunga da percorrere. Secondo le ultime analisi agli attuali ritmi dovremo aspettare fino al 2154 per potere dire di vivere in un modo davvero paritario.

Il punto nevralgico di questa storia è rappresentato dalla costante perdita di opportunità di crescita che in periodi di incertezza economica potrebbero invece fare molto comodo. Per esempio, il Fondo Monterario Internazionale stima che la parità nella partecipazione delle donne alla forza lavoro potrebbe aumentare la produzione economica di oltre un terzo.

Qual è lo stato dell’arte

Per i 146 paesi coperti dall’indice Global Gender Gap Index 2023, l’Europa (76,3%) fa registrare una performance migliore degli Stati Uniti (75%), seguiti da America Latina e Caraibi (74,3%). A seguire, Eurasia e Asia centrale (69%), Asia orientale e Pacifico (68,8%). L’Africa sub-sahariana si piazza al sesto posto (68,2%), leggermente al di sotto del punteggio medio ponderato globale (68,3%). L’Asia meridionale (63,4%) supera il Medio Oriente e il Nord Africa (62,6%), che è, nel 2023, la regione più lontana dalla parità. A livello di nazioni, a guidare la classifica figurano Islanda, Norvegia e Finlandia con la Germania che si piazza in sesta posizione. E l’Italia?

L’anomalia italiana

In periodo di esami di maturità come non ricordare le lezioni in cui i nostri amati professori ci raccontavano del resto del mondo prima di introdurre la celeberrima “anomalia italiana”. E noi a chiederci: perché anomalia? Infatti il Bel Paese continua a fare eccezione piazzandosi al 79° posto su 146, tra Uganda e Mongolia, ben lontano dalla top 10.

Guardando alle varie categorie, fanno riflettere il 60° posto in materia di divario educativo, il 104° posto in materia di partecipazione economica e il 64° in materia di partecipazione politica. Della serie, una rondine (o due) non fanno primavera.

Basta farsi un giro tra le cronache quotidiane, ultime in ordine di apparizione quelle che riguardano il mondo delle agenzie di comunicazione, per capire che si tratta di un problema culturale profondissimo. Non a caso la più grande associazione di settore, la FERPI, ha dichiarato: “È giunta l’ora di ispirare e farsi portavoce, come Federazione, di un nuovo paradigma finalmente pensato da donne e uomini, insieme”.

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