Il fatto che ha scatenato fiumi di polemiche in questo, già bollente mese di luglio, è questo:
Il noto chef messicano Edgar Núñez dei ristoranti “Comer Jacinta” e “Sud777”, per quest’ultimo è stato per quattro anni di fila inserito nella classifica dei 50 Best Restaurants dell’America Latina, ha ricevuto una richiesta da una influencer. Manuela Gutierrez, la creatrice di contenuti online, scriveva così:
“Ciao, come stai? Il tuo ristorante è semplicemente spettacolare! Sarò in Messico alla fine del mese con il mio ragazzo, e mi piacerebbe sapere se è possibile effettuare uno scambio pubblicitario, dove consiglio e mostro i vostri servizi sul mio Instagram in cambio di un pasto per due. Sarebbe un onore per me lavorare con te”. Lo chef ha bloccato la ragazza sui social e ha condiviso il suo messaggio definendo la categoria degli influencer “scrocconi internazionali” e aggiungendo che tra l’altro la ragazza aveva 1/4 dei suoi followers, spiegando il suo punto di vista, per cui “Il vero influencer, per me, non è colui che ti fa comprare qualcosa con spot mirati, ma colui che ti cambia la vita, che ti aiuta e ti migliora senza ricevere nulla in cambio. Il mio primo influencer è stato mio padre e mi interessa solo essere l’influencer delle mie figlie”.
Lo chef con questo gesto ha in prima battuta “acchiappato” un cospicuo numero di follower su Instagram e una discreta pubblicità su riviste e quotidiani, in molti (anche volti noti dello spettacolo) si sono schierati dalla sua parte contro la ragazza che aveva offerto creazione di contenuti allo chef in “cambio merce”, come si direbbe in altri settori.
Ci sono alcune premesse da fare, perché la verità sta sempre nel mezzo e quello che ci dovremmo correttamente chiedere è: perché la categoria dei “foodblogger/influencer/creato
C’è anche il fatto che “raccontare” la propria vita sui social rende questi personaggi, influenti appunto, vicini al pubblico, vicini ai follower, si innesca quindi un rapporto di fiducia tra influencer e follower e questo da la suggestione che il creatore di contenuti sia qualcosa di più vicino a una conoscenza, piuttosto che un professionista della divulgazione di contenuti multimediali.
Tuttavia utilizzare i social condividendo storie, video, articoli sono attività che richiede: tempo, e sappiamo benissimo che il tempo è denaro, lo è per qualsiasi attività! Bisogna aggiungere la conoscenza di certi applicativi e applicazioni, bisogna aggiungere una certa dotazione di materiali tecnologici che hanno un costo: un ottimo cellulare, una reflex e delle luci, dopo di che bisogna essere autentici, essere presenti, condividere sempre contenuti nuovi e pagare ogni singola attività a cui si partecipa. Investire in continua formazione, ad esempio per i food influencer è necessario saper parlare di enogastronomia fare corsi e avere le conoscenze sul vino e sui prodotti. Corsi costosi e che richiedono sempre, tempo. Siamo ancora sicuri che questa categoria non ha il diritto di essere percepita come categoria che svolge attività professionali di comunicazione?
Quindi concluderei con una domanda, come dovrebbe sentirsi un food influencer quando un’attività ristorativa lo chiama per offrire un cono gelato in cambio di articolo, storie e post sul feed di Instagram? Oppure un noto marchio della ristorazione chiede realizzazione di ricette e contenuti offrendo in cambio un pacco di pasta?