L’analisi sensoriale eseguita da un gruppo di persone, con particolari requisiti sensoriali, che valuta le caratteristiche organolettiche di un alimento, si definisce Panel test.
Il test può essere utile sia per identificare i difetti di determinati prodotti, sia per definire la loro caratterizzazione, sia per valutarne i pregi.
Un panel test su un alimento, svolto da dei tecnici esperti dell’analisi sensoriale, si sostanzia nell’assaggio e nell’osservazione ed olfazione di vari campioni a cui vengono dati dei punteggi in grado di qualificarlo sotto tutti gli aspetti che lo rappresentano. Recentemente ho partecipato ad un panel test su un particolare alimento: la finocchiona IGP.
Questo incontro di notevole interesse è stato realizzato grazie alla collaborazione tra il polo tecnico scientifico di Roma e quello della Toscana di O.N.A.S (organizzazione nazionale assaggiatori salumi). Proprio in questo contesto ho avuto modo di approfondire nel dettaglio le caratteristiche di questo salume toscano e di poter notare le differenze tra i vari produttori confrontati sia nel formato, sia nel gusto, sia nel profumo.
Come prima cosa si parte dallo studio del disciplinare (Reg. UE 629/15), perché la Finocchiona è un IGP e come tale ha una caratterizzazione sulla produzione della indicazione geografica protetta. Oltre a questo ha anche un consorzio di tutela con sede a Firenze che promuove e valorizza questo salume che, con questo nome specifico, può essere prodotto solo in Toscana, escluse le isole.
Si tratta di un salame che si produce con i semi o i fiori di finocchio all’interno, che conferiscono il tipico sentore e può essere di varie pezzature che vanno da mezzo chilo fino 25 kg. Di norma è prodotta con carni fresche provenienti da suini pesanti italiani ma è possibile produrla anche con tagli di carne della razza Cinta Senese. È utile sapere che il finocchio non è l’unico aroma ammesso ma come per altri salumi l’impasto può essere arricchito da: pepe, aglio e vino.
Le prime testimonianze di questo salume sono del 1400, nasce in un momento in cui comprare il pepe era costoso perciò i produttori pensarono di sostituirlo con le erbe di campo disponibili in zona, anche per mascherare una carne non priva di difetti. Inoltre, l’utilizzo del finocchio si rivela poi utile anche per la vecchia storia dell’ “infinocchiare” poiché come è noto, il gusto del finocchio è in grado di alterare il gusto del vino se assaggiato subito dopo.
Era usanza, infatti, in qualche cantina o osteria a Roma, servire il pinzimonio con il finocchio come antipasto, mentre in Toscana, servire la finocchiona prima di proporre del vino in acquisto. Questo rendeva il palato del bevitore alterato e consentiva di “infinocchiare” il meno esperto, che così diventava più disponibile ad acquistare vino anche se di qualità scadente.
Al di à di queste storie simpatiche che la vedono protagonista, la Finocchiona è un salume oggi particolarmente apprezzato, ma quello che ho riscontrato durante i numerosi assaggi è che ha sempre una stagionatura abbastanza breve, sia per i tagli più grandi che prevedono un minimo di 45 giorni che per quelli piccoli che prevedono un minimo di 15.
La stagionatura breve consente al salume di rimanere morbido al centro, ma il problema abbastanza comune per tutti i campioni è però che la parte esterna della fetta tende ad asciugarsi prima e restare più consistente/dura a volte creando qualche disarmonia a livello di masticazione.
Disarmonia accentuata dal fatto che la normale presenza di tendini o nervature quando è eccessiva tende ad acuire il problema di masticazione.
Per il resto la Finocchiona resta un salume che oggi è amato da molti, ma per la sua alta percentuale di sale (ed è così da disciplinare, pertanto è normale che lo sia) si preferisce accompagnato dal classico pane sciapo (sciocco!) toscano per poterla apprezzare al meglio.
Mi odieranno i toscani se dico che gli abbinamenti migliori con questo salume non sono i loro Chianti, ma dei Lambruschi freddi!