“A differenza del gas, l’Unione europea non dipende dalle importazioni di cereali dalla Federazione Russa per soddisfare il fabbisogno interno. Le limitazioni dell’export decise a Mosca non avranno un impatto diretto sugli Stati membri.
Anzi, aumenterà la competitività della produzione europea sui mercati internazionali”. E’ la presa di posizione del presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, sulle decisioni assunte dalle autorità della Federazione Russa, primo esportatore di grano a livello mondiale, di limitare nel corso di quest’anno le vendite all’estero di cereali per frenare l’aumento dell’inflazione interna. Secondo quanto comunicato a Mosca dal ministero dell’Economia, dal 15 febbraio al 30 giugno prossimo le esportazioni di grano russo saranno limitate a 8 milioni di tonnellate, una in meno rispetto alle previsioni.
Nello stesso periodo del 2021, le esportazioni complessive di cereali si attestarono a 17,5 milioni di tonnellate. Per il 2022 è prevista una riduzione di 3,5 milioni di tonnellate. Le vendite all’estero, inoltre, sono sottoposte a una tassa calcolata in funzione dell’andamento delle quotazioni internazionali dei cereali. Attualmente, la tassa ammonta a circa 98 euro a tonnellata. “Di fronte alle notizie che arrivano dalla Federazione Russa – prosegue Giansanti – l’indipendenza alimentare si conferma come un asset strategico per la UE e per l’Italia. Il sistema agroalimentare europeo garantisce il rifornimento del mercato interno con prodotti sicuri e di qualità. I dati della Commissione UE indicano, inoltre, che nei primi otto mesi dello scorso anno l’interscambio con l’estero ha un saldo attivo di circa 44 miliardi di euro”.
“Per quanto riguarda in particolare la situazione italiana, stando alle ultime stime, il 2021 si è chiuso con un ammontare di esportazioni agroalimentari superiore ai 50 miliardi, record storico” – sottolinea il presidente di Confagricoltura. “Per i cereali – conclude Giansanti – l’obiettivo è ora quello di aumentare la produzione italiana e di rafforzare il comparto, grazie ai contratti di filiera finanziati in primo luogo con le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza”.