Avvocato de’ Capitani, che Le pare della riforma fiscale che il Governo si appresta a varare?
È senza dubbio un intervento molto atteso e comunque opportuno per smuovere e rilanciare l’economia: ogni cambiamento comporta riassetti e può fornire incentivi alla produzione e ai consumi.
Può farci qualche esempio?
L’eliminazione dell’IRAP potrebbe dare una spinta all’occupazione, perché indirettamente ridurrebbe il costo del lavoro. Le produzioni a più alta intensità di lavoro potrebbero trarre nuova spinta, e non escluderei, nell’attuale contesto internazionale, fenomeni di reshoring.
Ma?
È evidente che almeno una parte del gettito IRAP – 15 miliardi all’anno solo dal settore privato – dovrà essere recuperata altrove; si ipotizza un innalzamento dell’aliquota IRES, e forse anche dell’IRPEF per imprese individuali e lavoratori autonomi. Sarebbe però bene che una quota delle risorse fosse recuperata altrove, con revisioni di spesa.
Pensa a qualche capitolo in particolare?
L’elenco delle spese fiscali – bonus, crediti di imposta, deduzioni ed esenzioni varie – è sterminato. Un po’ di ordine sarebbe buona cosa, anche per questioni di trasparenza nei confronti dei cittadini, che altrimenti perdono di vista capitoli di spesa molto significativi, a volte indirizzati a pochi beneficiari. Certo non è facile, perché ogni spesa fiscale ha una sua motivazione storica e una sua più o meno solida ragionevolezza economica; il Fisco moderno non serve solo a raccogliere risorse: una funzione molto importante è quella di regolatore dell’economia attraverso gli incentivi e i disincentivi. Pensi solo ai bonus edilizi, da un lato, e alle accise sui prodotti petroliferi, dall’altro.
Quali saranno i maggiori ostacoli alla riforma?
Come sempre, le risorse e la conseguente necessità di una sintesi politica. Tutte le proposte di cui abbiamo letto in questi mesi sono ragionevoli, ma, non a caso, mirano tutte a una riduzione delle imposte ed è evidente che, nonostante la crescita – o meglio, il recupero – dell’economia, non si potranno accontentare tutti. Già l’IRAP sarà una voce molto importante e ve ne sono altre che se accolte comporterebbero riduzioni di gettito significative. Pensiamo all’unificazione della tassazione dei redditi finanziari: ogni anno, grazie alla mancata compensazione di redditi di capitale e minusvalenze lo Stato incassa soldi su rendimenti inesistenti: la riforma sarebbe quindi un’ottima cosa, ma costerebbe molto in termini di gettito e dal punto di vista politico ci si imbatte in un tema piuttosto delicato, come è la riduzione delle imposte sui ceti più abbienti, a fronte peraltro di un prelievo che per certi versi è occulto, non tutti sono consapevoli di quanto gli costi alla fine dell’anno la mancata compensazione.
E del catasto cosa pensa?
Che sono anni che si ipotizza una riforma e più il tempo passa più le sperequazioni che derivano da rendite fuori dal tempo si fanno insopportabili. Ma nel frattempo il mercato si è tarato su questi valori: pensi a cosa succederebbe a una famiglia che dopo aver comperato, magari con un mutuo, una abitazione in centro a Milano si ritrovi domani a pagarci una IMU non preventivata. E lo stesso vale per chi avesse investito i suoi risparmi in una seconda casa da mettere a reddito e si trovasse con l’IMU raddoppiata. Il suo investimento perderebbe di colpo valore, e il danno sarebbe moltiplicato dall’imposta di registro in caso di cessione: anche il prezzo di vendita sarebbe intaccato. Insomma, c’è il rischio di una distruzione di valore. La materia scotta. L’unica alternativa è prevedere un’entrata in vigore spalmata nel tempo, anche cinque o dieci anni, per dar modo al mercato di riallinearsi senza traumi.
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