L’età media degli occupati italiani continua ad aumentare. Oggi si attesta a 44,2 anni, mentre tra gli imprenditori arriva a sfiorare i 52. È la fotografia scattata da un’indagine di Confesercenti, che lancia l’allarme su un problema strutturale: la mancanza di ricambio generazionale nel mondo del lavoro e dell’impresa. Una questione che si intreccia con il calo demografico e che, secondo l’associazione, rischia di mettere in crisi la tenuta del sistema produttivo italiano.
Cresce l’età media dei lavoratori
Negli ultimi vent’anni l’età media di chi lavora in Italia è aumentata di oltre quattro anni. Nel 2004 era pari a 39,8 anni, oggi ha raggiunto i 44,2. Questo significa che ogni anno che passa la forza lavoro diventa un po’ più anziana. A calare sono soprattutto i giovani tra i 15 e i 34 anni, che oggi rappresentano solo il 20 per cento degli occupati, contro il 27,1 per cento del 2004. Al contrario crescono i lavoratori con più di 50 anni, oggi il 35,3 per cento del totale. È il riflesso diretto dell’invecchiamento della popolazione e della riduzione delle nascite, un fenomeno noto come inverno demografico.
Gli imprenditori più giovani sono sempre meno
La situazione è ancora più marcata tra chi fa impresa. L’età media degli imprenditori italiani è di 51,9 anni. Le imprese guidate da under 35 sono diminuite di oltre 100 mila unità tra il 2011 e il 2023. Un calo netto del 27,6 per cento che segnala un forte indebolimento dell’iniziativa giovanile. A pesare sono diversi fattori, tra cui l’incertezza economica, le difficoltà burocratiche e l’accesso limitato al credito. In pratica, fare impresa oggi per un giovane è un percorso a ostacoli.
Un rischio per l’intero sistema produttivo
Secondo Confesercenti, l’Italia rischia di vedere progressivamente svanire il proprio tessuto imprenditoriale. Con meno giovani pronti a subentrare, le attività economiche rischiano di spegnersi una dopo l’altra. Il problema non riguarda solo la continuità delle imprese, ma anche la capacità del Paese di rinnovarsi e innovare. “Senza un ricambio generazionale adeguato rischiamo una desertificazione produttiva,” è l’avvertimento contenuto nell’analisi.
I settori più esposti: commercio, turismo e artigianato
Non tutti i comparti economici sono colpiti allo stesso modo. I settori del commercio, del turismo e dell’artigianato sono tra i più fragili. In queste aree, la mancanza di giovani si sente di più e rende ancora più urgente un intervento per favorire il passaggio di testimone tra generazioni. Inoltre, si tratta spesso di attività radicate nei territori, fondamentali per il tessuto economico e sociale delle comunità locali. Se vengono meno, non è solo l’economia a soffrire ma anche la coesione sociale.
Nord e Sud viaggiano a due velocità
Anche sul piano territoriale ci sono differenze. Le regioni del Nord presentano un’età media degli occupati leggermente più bassa, grazie anche a una maggiore presenza di lavoratori stranieri impiegati in mansioni operative. Al Sud, invece, il problema si amplifica: l’emigrazione giovanile, unita alla scarsità di opportunità lavorative, accentua il processo di invecchiamento e indebolisce ulteriormente il tessuto produttivo locale.
Cosa chiede Confesercenti per invertire la rotta
Di fronte a questa tendenza, Confesercenti propone una serie di interventi per favorire l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro e dell’impresa. L’associazione chiede un piano straordinario per incentivare l’imprenditorialità giovanile, semplificare la burocrazia, migliorare l’accesso al credito e favorire il passaggio generazionale nelle aziende. “Serve una strategia nazionale per salvaguardare il futuro del nostro sistema economico,” si legge nel comunicato.
Inverno demografico e lavoro: un legame sempre più stretto
Dietro questi numeri c’è un fenomeno più ampio. L’inverno demografico, cioè il calo delle nascite e l’invecchiamento della popolazione, non riguarda solo le famiglie ma incide profondamente sull’economia. Meno giovani significa meno lavoratori e meno imprenditori. E senza nuove leve, il sistema rischia di bloccarsi. L’Italia si trova quindi a un bivio: o investe sulle nuove generazioni, oppure dovrà fare i conti con una crescita sempre più lenta e con un’economia sempre più fragile.