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Guardare ai 5S o a chi non ha votato?

lunedì, 13 Marzo 2023
1 minuto di lettura

In Italia la democrazia è solida, l’elettorato è liquido, i partiti sono gassosi: non hanno né forma né volume, tendono ad occupare tutto lo spazio che trovano e sono comprimibili.

Il Pd di Schlein quale spazio vorrà occupare? Ancora non è chiaro. Ha due possibilità: La prima. Rivolgersi a quel 40% di elettori che non sono andati a votare e cercare di riappassionarli alla politica proponendo idee nuove ma concrete e non solo slogan simpatici.

La seconda: tentare di riprendersi i voti considerati “di sinistra” che da 10 anni sono fuggiti verso i 5 Stelle, un Movimento pigliatutto che aveva esordito nel 2013 col 25% era salito nel 2018 al 33% e ora si trova intorno al 15%.

È molto probabile che la neosegretaria sia tentata di scegliere la seconda strada, dialogando con Conte e facendo insieme battaglie comuni. Sarebbe un doppio errore madornale.

Un errore dal punto di vista dei numeri. L’andamento di Pd e 5 Stelle è correlato: se aumenta l’uno diminuisce l’altro. Il che significa che se il Pd riuscisse, per miracolo, a fagocitare l’intero M5S, sommandolo al suo 19% arriverebbe al 34%. Una soglia significativa ma largamente insufficiente per far vincere le elezioni alla sinistra. Infatti se a questo ipotetico 34% si aggiunge il 3% di Verdi e Sinistra Unita, Schlein potrebbe contare solo sul 37% . Mentre i tre partiti del destra-centro totalizzano il 46%.

A Schlein manca quel blocco di oltre il 10% costituito dal Terzo polo, che oggi ha l’8%, e da Più Europa, che quota il 2,1%. Mai si alleerebbero con un Pd spostato tutto a sinistra.

Il secondo errore è di strategia. È proprio sicura Schlein di poter fare battaglie comuni con Conte senza rischiare di portare acqua al mulino del M5S perdendo nel frattempo ampie frange degli elettori del Pd? Il rischio è molto alto conoscendo l’abilità populistica e demagogica del leader 5S e i forti mal di pancia che un’ipotesi del genere scatenerebbe in almeno un terzo dell’elettorato Pd.

Bonaccini non è un bonaccione. La sua presidenza non garantisce affatto a Schlein la resa di quella metà del Pd che si è riconosciuta nella sua linea. L’ipotesi di una spaccatura ulteriore nel partito non è da escludere. E Renzi e Calenda sono pronti a trarne grande vantaggio.

Schlein nella sua veloce carriera politica ha dimostrato già una buona dose di abilità e spregiudicatezza. Il mestiere si impara facendolo E nulla vieta che possa stupire con mosse a sorpresa. Nel Pd i vecchi Soloni delle correnti non vedono l’ora di poterla influenzare. Un consiglio: li ascolti ma poi faccia di testa sua, eviti di inseguire i 5S e scelga di rivolgersi a chi non ha votato.

 

Giuseppe Mazzei

Giuseppe Mazzei

Filosofo, Ph.D. giornalista, lobbista, docente a contratto e saggista. Dal 1979 al 2004 alla Rai, vicedirettore Tg1 e Tg2, quirinalista e responsabile dei rapporti con le Authority. Per 9 anni Direttore dei Rapporti istituzionali di Allianz. Fondatore e Presidente onorario delle associazioni "Il Chiostro - trasparenza e professionalità delle lobby" e "Public Affairs Community of Europe" (PACE). Ha insegnato alla Sapienza, Tor Vergata, Iulm e Luiss di cui ha diretto la Scuola di giornalismo. Scrivi all'autore

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