Professor Livolsi, torna la fiducia, fra gli italiani e nel resto del mondo nei confronti dell’Italia, una notizia positiva, Draghi nell’ultima conferenza stampa ha sottolineato che fra l’altro si prevede per gli investimenti un aumento di circa il 15% quest’anno e di oltre il 6% il prossimo, dopo il calo del 9,2% nel 2020. Un rimbalzo – ha detto il premier – che recupera tutto ciò che è stato perso lo scorso anno e anche più. Come commenta questi dati?
Il capo dello Stato, Sergio Mattarella, aveva incaricato Mario Draghi di formare un Governo che avesse due obiettivi: portarlo fuori dalla pandemia e gestire i fondi di Next Generation EU. Mi pare che finora i risultati in questo senso siano sotto gli occhi di tutti. Il Paese sta reagendo bene al modello di Governo, alle decisioni e al profilo del premier, una persona credibile e i cui comportamenti sono congruenti alle sue dichiarazioni e prese di posizione, improntate alla prudenza e ai non facili entusiasmi. Gli italiani lo stanno seguendo. Allo stesso modo l’Italia sta riscoprendo quella autorevolezza che le spetta, essedo una delle maggiori potenze economiche mondiali, la seconda manifatturiera d’Europa dopo la Germania. Draghi è stato indicato dal Time tra i 100 uomini più influenti del pianeta e il suo ruolo nell’Unione europea sarà ancor più centrale dopo il ritiro dalla politica di Angela Merkel. Non deve sorprendere la previsione della crescita degli investimenti esteri.
Rimettere a sistema il Paese è auspicato da tutti, un’Italia che funziona, con infrastrutture digitali e fisiche, una burocrazia snella e tempi rapidi della giustizia, determina un naturale aumento degli investimenti. Anche grazie ai finanziamenti di Next Generation EU – di cui l’Italia è uno dei maggiori destinatari – questo obiettivo Roma e Bruxelles lo stanno ottenendo. Finora gli investimenti sono stati indirizzati in particolare nei settori immobiliari e logistico e sulla possibilità di acquisire aziende italiane. Tuttavia, io credo che sia essenziale che gli investimenti si concentrino anche sui comparti più innovativi e strategici come quelli dell’innovazione e delle nuove tecnologie, anche al di fuori dei progetti collegati al Recovery Plan. Questo sarà il segnale che l’Italia sarà davvero ripartita.
Negli Stati Uniti la fiducia dei consumatori è stata ben al di sotto delle aspettative degli investitori, poiché l’impatto della variante Delta ha pesato sull’indice di fiducia dei consumatori e la Fed lascia invariati i tassi, questo cosa significa?
Gli Stati Uniti stanno vivendo una grande situazione d’incertezza. Non dimentichiamo appunto gli effetti della variante Delta, con gli americani, un po’ come tutti gli anglosassoni, restii alle imposizioni dall’alto sulle libertà. In proposito va però detto subito che è di questi giorni l’annuncio da parte del colosso farmaceutico Usa Merck (all’estero conosciuto con la sigla MSD) della pillola anti-Covid che dimezza i decessi e i ricoveri. Sono convinto che ciò porterà una ventata di fiducia negli americani. L’incertezza c’è anche a causa dell’aumento dei costi dei materiali e dei dispositivi come i microchip che stanno creando paure un po’ in tutto il mondo per l’aumento dei prezzi di molti prodotti, dalle automobili agli elettrodomestici agli smartphone. Gli Usa stanno vivendo in settimane delicate. All’esame del Congresso c’è la più grande manovra di investimento pubblico della loro storia Usa: il pacchetto da 1.200 miliardi di dollari di infrastrutture e quello da 3.500 miliardi da destinare all’assistenza sociale, alle infrastrutture e alla riconversione energica. Gli stessi democratici sono divisi al loro interno su contenuti di questo provvedimento. Infine, c’è stato poi il recente ritiro, male organizzato e in tutta fretta, dall’Afghanistan. L’insieme di tutti questi elementi spiega l’incertezza e la prudenza della Fed.
Nel bollettino diffuso dalla Banca centrale Usa, al termine del consiglio direttivo, si legge che il tapering, cioè la riduzione di acquisti straordinari di titoli di Stato da 120 miliardi di dollari, potrebbe iniziare “a breve”, dunque entro la fine dell’anno. Non solo, la successiva stretta monetaria potrebbe essere più veloce del previsto, ci si dovrà aspettare un primo aumento dei tassi già il prossimo anno o ci sono ancora troppi elementi che fanno pensare alla necessità di avere un periodo maggiore di tempo a disposizione e continuare con una politica monetaria espansiva?
Personalmente sono piuttosto ottimista e credo che, al di là di quando e in che termini, avverrà la stretta monetaria e l’innalzamento dei tassi, la politica economica espansiva voluta dall’Amministrazione del presidente Biden continuerà. Janet Louise Yellen, l’attuale segretario al Tesoro, che va ricordato è stata presidente della Federal Reserve dal 2014 al 2018, è una economista di fama mondiale e sa bene che un rischio dell’innalzamento dei tassi potrebbe essere la rivalutazione del dollaro sulle altre monete, a partire dall’euro, mettendo in difficoltà l’export e facendo ritornarne gli Usa in una sorta di isolamento in cui l’aveva spinta Donald Trump e da cui Biden vuole uscire. Gli americani sono abituati a questi cambi improvvisi di strategia e a vivere nell’indecisione fino all’ultimo. A molti è sfuggito che tecnicamente intorno al 18 ottobre gli Usa rischiano il default, cioè il mancato pagamento del loro debito: ogni volta, infatti, che il Dipartimento del Tesoro giunge al limite del tetto del debito, è il Congresso che deve decidere di alzarlo, ma finora ciò è saltato per l’opposizione dei repubblicani al Senato. Ovviamente gli Congresso troverà la soluzione. Ciò che più deve premere l’Europa e l’Italia è che la situazione oltreoceano non andrà a influenzare sulla politica monetaria della Bce e i nostri tassi rimarranno bassi per favorire la crescita economica rispetto agli obiettivi che l’Ue si è data.