Il latte si qualifica come un prodotto sano e di qualità, richiesto in tutto il mondo. Per le famiglie italiane, e non solo, latte e derivati sono quasi sempre presenti nel carrello della spesa. Anche per questo il valore del comparto si aggira intorno ai 16,5 miliardi di euro di fatturato e incide per l’11,5% sul totale del fatturato industriale dell’agroalimentare.
Latte: i numeri europei
Stando ai dati raccolti da Assolatte, i maggiori consumatori sono gli europei, e in particolar modo i popoli del Nord: per consumo annuale pro capite, svettano gli estoni (121 kg a testa) seguiti dagli irlandesi (con 113 kg), finlandesi (104 kg), inglesi (97 kg), danesi (80 kg), austriaci (74 kg) e svedesi (74 kg). E il settore lattiero caseario in Europa è il secondo per dimensioni e fatturato nell’ambito della produzione agricola.
Per quanto riguarda il nostro Paese, seppure si sia registrato un calo nel consumo annuale di latte tra il 2011 e il 2019, nell’ultimo anno, forse a causa del lockdown, si è avuto un incremento nell’acquisto di prodotti caseari.
Secondo Confagricoltura nel 2020 sono state prodotte 12,6 milioni di tonnellate di latte, ossia quasi il 90% del fabbisogno nazionale, e la maggiore produzione di latte vaccino si riscontra in Lombardia (44%), Emilia Romagna (16%), Veneto (10%) e Piemonte (9%).
Come fa notare Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, «la zootecnia italiana, sempre più performante e attenta al benessere animale, rappresenta uno dei capisaldi dell’agroalimentare e dell’economia italiana. I nostri sistemi produttivi sono all’avanguardia e in grado di raggiungere standard elevatissimi».
Il che è certamente un bene in termini economici, di sostenibilità e di cura del territorio e delle persone.
«La filiera lattiero-casearia italiana è il punto di incontro tra mestieri millenari custodi di tradizioni e nuove competenze per raggiungere ambiziosi obiettivi in linea con l’evoluzione della società, quali la sostenibilità, il benessere animale, la tracciabilità – afferma Giovanni Guarneri, coordinatore settore lattiero-caseario di Alleanza cooperative Agroalimentari -. Scegliere il latte fresco e i formaggi italiani significa, quindi, contribuire a mantenere vive e vitali questa identità e queste tradizioni e a sostenere nel contempo le trasformazioni in atto nella filiera».
Latte e qualità della vita
Il report GBD del 2019 (Global Burden Disease, o “carico globale di malattia”) realizzato dall’Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME internazionale, ma collegato all’Università di Washington) dal 1990 indaga i principali fattori di rischio per la salute mondiale.
Secondo questo studio, un’alimentazione sbagliata si posiziona al secondo posto, dopo il fumo.
Si sta assistendo, negli ultimi anni, a un cambiamento delle abitudini alimentari che porta a preferire il consumo di cibi alternativi al latte e ai suoi derivati.
In base all’analisi condotta, “gli italiani e le italiane vivono più a lungo, ma buona parte dei nostri ottuagenari trascorre gli ultimi 10 anni di vita in precarie condizioni di salute, privati dell’autonomia e, spesso, della memoria. […] Eppure, basterebbero una bella tazza di latte a colazione e uno yogurt come spuntino tutti i giorni, e 3 porzioni di formaggio alla settimana, per guadagnare quei 50mila anni di vita in salute (globalmente) che perdiamo privandoci di questi cibi così familiari”.
Oltre alla carenza di calcio, che causa fragilità ossea e demineralizzazione, vengono a mancare tanti principi nutritivi protettivi per la salute del colon-retto, e che fungono da fattore di prevenzione del cancro.
In linea di massima, per mantenersi in buona salute una dieta non può essere priva di cereali integrali e loro derivati, legumi, frutta secca a guscio, frutta fresca, verdura fresca e latte e suoi derivati.
Mangiare bene, insomma, può contribuire ad allungare e a migliorare la vita.