Simili ma non troppo, cugini che si somigliano, oppure nonno e nipote? Chi è nato prima e chi dopo?
Sto parlando del supplì e dell’arancino. Amici? Rivali? Quale dei due amate di più?
Al di là di un po’ di sano campanilismo i due street food, uno romano e l’altro siciliano, sono amati principalmente dagli abitanti delle località dove sono nati, ma è innegabile che hanno delle caratteristiche comuni:
la prima è che sono polpette di riso, la seconda che sono impanati e fritti allo stesso modo, la terza è che si consumano a qualsiasi ora della giornata.
Già questo basterebbe a rendere le due preparazioni assimilabili ma poi arrivano le loro enormi differenze:
- La forma: l’arancino ha forma di “Etna”, quindi di montagna, mentre il supplì ha forma di “siluro” più o meno panciuto.
- Il riso: il riso del supplì è al sugo, storicamente questo ragù veniva fatto con gli ingredienti del quinto quarto, tipici della cucina romana più povera, quindi a base di rigaglie di pollo. Oggi questa tradizione è venuta meno e viene proposto con la carne macinata. Nell’arancino il riso è condito con zafferano e noce moscata, quindi resta giallo e più asciutto.
- Il ripieno: l’arancino contiene un ragù di carne, molto ristretto, con i piselli, nella sua versione tradizionale. La storia del supplì e del suo ripieno “al telefono” è parecchio diversa. Ogni supplì contiene una striscia di mozzarella dentro e quando si spezza questa deve filare, rappresenta i fili del telefono di una volta.
- Le varianti: entrambe le preparazioni data la loro semplicità e data la loro fama, hanno avuto negli ultimi anni un’infinità di varianti e versioni molto innovative e gustose.
Per l’arancino, ci si sbizzarrisce con ripieni alla besciamella e prosciutto cotto, mozzarella o provola e piselli, alla norma, e poi al pistacchio ultimamente davvero molto diffuso. Non si escludono anche le versioni di mare o la versione “sbagliata” al pomodoro.
A Roma anche i supplì vengono davvero interpretati in mille chiavi diverse, gettonatissimi sono tutti i classici romani quindi ripieni di: pasta cacio e pepe, carbonara, amatriciana e Co.
Andando poi a studiare le storie e le prime tracce che si trovano di queste ricette si viene a scoprire che probabilmente il supplì è un pochino più vecchio dell’arancino.
La prima volta in cui il termine “arancinu” compare in versione salata (prima ci sono solo evidenze di preparazioni dolci) è nel Nuovo vocabolario siciliano-italiano di Antonino Trina del 1868, ed è probabilmente a questa variante che si ispirano le “crocchette di riso composte” dell’Artusi nel 1891. Invece il primo supplì compare in una testimonianza scritta risalente al 1847 quando appare nel menu della Trattoria della Lepre a Roma con il nome di soplis di riso. La sua prima ricetta ufficiale però risale invece al 1929, scritta da Ada Boni e pubblicata ne “La Cucina romana”.
Resta sempre di difficile determinazione quando una ricetta di uso popolare sia effettivamente nata, ma con buona evidenza i supplì erano già diffusi a Roma quando nascevano gli arancini.
Poi, arancina o orancino? Un’altra grande diatriba che contraddistingue questa preparazione, sembra che sia corretto definirla al femminile secondo consuetudine palermitana, ma a Catania è più frequente l’appellativo al maschile. Se invece andiamo a ritroso e ci focalizziamo sul temine arancinu, bè senz’altro questo è maschile. Invece per i romani supplì resta maschile, ma un romano verace non direbbe mai “il” supplì, piuttosto chiamatelo ER supplì.
un commento
A proposito della datazione dei due piatti, la invito a leggere il libro “Gioie e misteri dello street food palermitano” edito da Flaccovio dello storico palermitano Gaetano Basile, che raccoglie i suoi studi e che raccontano la provenienza araba della “ arancina” .