Nel complesso, il settore del food and beverage nel 2020 si e’ difeso, con un fatturato di 54,4 miliardi di euro (-1,7%). Ma questo calo limitato rispetto ad un anno record come il 2019 nasconde disparita’ che fanno sembrare il 2020 un ottovolante. Lo scrive il quotidiano locale L’Echo. Dopo un’ottima partenza, con vendite in crescita spettacolare nel primo trimestre (+ 6,7%), infatti, si e’ assistito ad un crollo del 9,3% del fatturato nel secondo trimestre e un calo cumulato del 4,3% nei primi nove mesi del 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019. Chi soffre maggiormente dell’attuale situazione sanitaria sono i produttori di bevande. La chiusura del settore horeca e l’annullamento della maggior parte dei principali eventi hanno causato un crollo della produzione di oltre il 18%.
Secondo i dati pubblicati a fine 2020 dall’associazione di categoria Fevia, il solo settore alberghiero e della ristorazione rappresenta una perdita di reddito di 320 milioni di euro al mese: le aziende che lavorano principalmente con il settore turistico hanno subito una perdita di fatturato superiore al 50%. A ciò si aggiunge l’aumento dei costi di produzione. Risultato: nonostante le misure di sostegno delle autorità pubbliche, la crisi finanziaria sta guadagnando terreno.
A fine gennaio, il 27% delle aziende alimentari ha dichiarato di trovarsi in grandi difficoltà finanziarie. Erano solo il 18% all’inizio di settembre 2020. Sul versante estero, le esportazioni sono diminuite dell’1,9% a 26,7 miliardi di euro, mentre le importazioni sono aumentate dell’1,4%.
Abbastanza per ridurre la bilancia commerciale di 800 milioni di euro rispetto al 2019.
La moratoria sui fallimenti e la disoccupazione temporanea hanno consentito al settore di mantenere l’occupazione ad un livello stabile di 95.670 posizioni (+ 1,1%). In questi tempi difficili, il CEO di Fevia rimane comunque positivo.
“Grazie alle misure di sostegno del governo e al nostro pacchetto di stimoli #ReverseTheCurve, il settore non è finito in terapia intensiva”
Bart BUYSSE – CEO di FEVIA.
Tuttavia, se l’industria alimentare resta il primo investitore manifatturiero nel Paese, le aziende sono state più attente alla spesa e i loro investimenti sono diminuiti del 3,7%.