La decisione di Grillo di aprire una fase nuova con la chiamata di Conte a realizzare un cambiamento radicale nella fisionomia, nel vissuto politico e nelle scelte programmatiche del M5S (una denominazione destinata a cambiare, come il simbolo), sta producendo effetti sul quadro politico generale e sulla strategia dei partiti, specialmente quelli legati alla collaborazione con i pentastellati.
Il primo, infatti, a risentirne gli effetti con una sismicità ora appena accennata, è proprio il Partito democratico dove è caduta ormai l’idea di Zingaretti di fare di Conte una sorta di garante e di federatore del centro sinistra e di assegnare, anche se non dichiaratamente, a un M5S segnato da scissioni e polemiche sul ruolo sostanzialmente marginale, di spalla per un’alleanza ferrea con il PD su strategie e scelte comuni, anche in vista delle non lontane elezioni amministrative.
Proprio in questo contesto sarà stata lanciata, e poi lasciata cadere, la proposta di un patto di azione comune fra i gruppi parlamentari e prospettata l’adesione degli europarlamentari dell’M5S al gruppo Socialista al Parlamento Europeo.
Questo disegno va ormai ripensato, e non solo. Perché se i sondaggi fossero credibili la scelta per Conte potrebbe far risalire i consensi al Movimento, facendone il primo partito di un eventuale alleanza di centro sinistra.
Lo scenario che si è aperto è quindi complesso e anche suggestivo: resta però l’interrogativo su uno spazio che una nuova alleanza a sinistra lascerebbe parzialmente scoperto ed è quello di un area centrale dell’elettorato, quella rappresentata dall’opinione pubblica moderata che difficilmente si acconcerebbe sia ad una scelta per la destra sia per la sinistra.
È un’area, quella moderata, oggi presidiata da piccole formazioni politiche, spesso rissose ed autoreferenziali: è da valutare se prevarrà lo scenario di una sua ricomposizione o quello di una progettualità di un nuovo Movimento guidato da Conte perché in esso vada ravvisata una reale capacità di rappresentarla.