“Prima dell’emergenza per ogni posto letto c’erano 2,5 unità di personale. Con l’incremento dei posti il rapporto è sceso a 1,6”. I conti nei reparti ospedalieri non tornano più in particolare per riduzione di personale in particolare per i medici anestesisti.
Numeri da far preoccupare e non poco a presentarli è l’”Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari”, che si occupa di scandagliare dati e cifre, ritardi e soluzioni nel complesso sistema sanitario nazionale.
“Prima dell’emergenza sanitaria”, segnala il report di Altems, “il rapporto in Italia tra anestesisti e rianimatori e posti letto di TI era di 2,5. In altre parole per ogni posto letto c’erano 2,5 unità di personale. Se consideriamo la risposta strutturale delle regioni, ovvero l’acquisizione di personale tramite bandi per posizioni a tempo indeterminato e determinato, e l’incremento di posti letto previsto dal DL 34 il rapporto scende a 1.6 (-0.9), con rimarcate differenze regionali”. Ogni regione poi ha sue caratteristiche perché la politica sanitaria e l’organizzazione degli ospedali è affidata alla Regioni quindi non ci sono dati univoci ma variabili.
“Il valore più basso”, calcolano gli analisti di Altemes, “dell’indicatore in questione misurato post DL 34 ed implementazione di personale si registra per Calabria e Marche: 1,4 anestesisti per posto letto di terapia intensiva. Al contrario la regione che mantiene il rapporto più alto è il Friuli Venezia Giulia con 2 unità per posto letto. Se consideriamo la riduzione del suddetto rapporto, la regione che registra la riduzione più alta è la Valle d’Aosta (- 1.7), passando da 3,5 anestesisti e rianimatori per posto letto prima dell’emergenza a 1,8. Al contrario, Veneto e Molise registrano il decremento minore passando rispettivamente da 1.9 a 1.6 e da 2.0 a 1.7”. Il problema nasce o si è creato per il rallentamento e i ritardi nelle assunzioni, per carenza di fondi che per lo più sono stati investiti negli ultimi mesi nella realizzazione di reparti Covid.
“Riguardo alle assunzioni” Altems calcola, “le regioni non in piano di rientro hanno dedicato il 48% dei nuovi posti a specializzazioni mediche legate all’emergenza Covid-19 (Anestesia e rianimazione; malattie apparato respiratorio; malattie infettive; medicina d’urgenza; medicina interna; microbiologia e virologia; sanita pubblica, ed il restante 52% ad altre specialità. Al contrario@, segnala l’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari, “le Regioni in piano di rientro hanno sfruttato l’occasione per rinforzare il personale non legato direttamente all’emergenza Covid-19, ridotto dal blocco del turn over, in maniera maggiore rispetto (56%) rispetto a quello legato all’emergenza Covid-19”.