In tutto: 17 punti sul tema salute; a cui si aggiungono ulteriori 7 punti in riferimento alle proposte per le politiche sociali. Ecco il documento della Commissione Affari Sociali della Camera che ha l’ambizione
di ridisegnare il Servizio sanitario nazionale con le risorse del Recovery Fund. Progetti e iniziative che sono un insieme di riforme alcune delle quali rimaste per anni nei cassetti e ora tornano in primo piano.
Così dopo l’audizione della scorsa settimana del ministro della Salute Roberto Speranza, la Commissione Affari Sociali rilancia con un documento che indica scelte, progetti e iniziative da mettere in campo. Tante le proposte ad iniziare dal ridurre ke disuguaglianze territoriali per dare a tutti i benefici del diritto alla salute. Tra le priorità, si indicano investimenti su sanità digitale, territorio, personale e ricerca.
Questi i punti relativi al sistema sanitario:
1. implementare gli investimenti nella sanità digitale, potenziando il fascicolo sanitario elettronico e sviluppando la telemedicina, anche al fine di assicurare un completo scambio di informazioni tra le regioni e con il Ministero della salute attraverso la reciproca leggibilità delle proprie piattaforme e lo scambio rapido e concreto delle informazioni sanitarie, nonché investire nella formazione e nell’aggiornamento degli operatori sanitari per l’utilizzo di tali strumenti digitali e nella semplificazione dei processi amministrativi (cosiddetta usability);
2) al fine di superare il concetto di ospedalizzazione come principale intervento assistenziale, assicurare l’organizzazione di una nuova rete territoriale di assistenza che comporti un ripensamento dell’intera offerta sanitaria e socio-sanitaria, mettendo in relazione professionisti, strutture e servizi che erogano interventi sanitari e socio-sanitari di tipologia e livelli diversi, attraverso modelli organizzativi integrati e, altresì, mediante la promozione di una medicina territoriale costituita da équipe multidisciplinari composte da figure sanitarie e socio-sanitarie tra le quali medici, infermieri, psicologi, operatori socio-sanitari e fisioterapisti;
3) realizzare un nuovo modello organizzativo dell’offerta assistenziale, vicina al cittadino anche in assenza di malattia e imperniata sul concetto di prevenzione primaria e di promozione della salute, intesa come educazione ai corretti stili di vita, alla corretta alimentazione e all’attività fisica, e sul concetto di prevenzione secondaria (screening), attraverso un potenziamento dei dipartimenti di prevenzione in una logica intersettoriale quale condizione imprescindibile per costruire una sostenibile sanità pubblica del futuro, anche assicurando risorse adeguate per l’attuazione delle disposizioni del Piano nazionale della prevenzione (PNP);
4) integrare le politiche sanitarie, sociali e ambientali, al fine di favorire un’effettiva inclusione sociale, attraverso l’integrazione dei servizi offerti, un maggior sostegno alla domiciliarità dei pazienti cronici, fragili e non autosufficienti, e la promozione dell’invecchiamento attivo, in modo da garantire, anche a coloro che si trovano in condizioni di non autosufficienza, una vita dignitosa in un contesto relazionale adeguato;
5) garantire l’omogeneità del diritto alla salute su tutto il territorio nazionale, anche attraverso il finanziamento perequato di investimenti strutturali e il contrasto ai flussi sistematici di mobilità passiva, assicurando una tutela alle aree interne e/o disagiate; 6)prevedere investimenti mirati all’adeguamento delle condizioni strutturali o alla riconversione degli ospedali esistenti, in particolare di quelli delle aree interne e/o disagiate;
7) nell’ambito delle risorse per il rafforzamento della resilienza e della tempestività di risposta del sistema sanitario da destinare anche ad emergenze sanitarie diverse dalla pandemia in atto, assicurare che siano comprese azioni volte a garantire e rafforzare la tutela della salute agli assistiti affetti da malattie croniche non trasmissibili durante l’emergenza;
8) affrontare il tema dell’assenza di una strumentazione diagnostica e sanitaria adeguata ovvero l’obsolescenza, che caratterizza molti luoghi del Paese, non solo al Sud, prevedendo rilevanti investimenti non solo per il rinnovo delle strutture ma anche per il rinnovo della strumentazione diagnostica, a livello sia ospedaliero sia territoriale;
9) adeguare i livelli essenziali di assistenza (LEA) alle nuove emergenze sanitarie assicurando, anche mediante l’adozione del nuovo Nomenclatore tariffario, che tutte le prestazioni siano effettivamente esigibili dai cittadini;
10) valorizzare il personale sanitario attraverso un adeguamento degli ordinamenti didattici formativi, prioritariamente per i corsi di laurea in Medicina e chirurgia nonché in Scienze infermieristiche, e rivedere la logica dell’aggiornamento professionale in tali ambiti, al fine di adeguarne le competenze ai nuovi bisogni di salute;
11) investire nella formazione e nell’alfabetizzazione sulla gestione dei rischi pandemici e creare strutture permanenti di monitoraggio e contenimento delle insorgenze pandemiche, istituendo altresì una rete nazionale di centri dedicati allo studio e alla messa a punto di soluzioni terapeutiche, diagnostiche e preventive, per combattere, anche attraverso la cooperazione internazionale, ogni minaccia pandemica;
12) implementare la ricerca, anche quella medica di base e delle terapie avanzate, attraverso un piano strategico di investimenti, valorizzando le eccellenze presenti sul territorio nazionale e la crescita di figure altamente specializzate, con particolare attenzione alle malattie rare e oncologiche, nonché istituire nuovi Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS), soprattutto al Sud del Paese, potenziando nel contempo quelli già esistenti e organizzandoli in rete;
13) prevedere, nell’ambito del finanziamento della ricerca, una sezione relativa al potenziamento dei dipartimenti italiani afferenti alla «rete europea di ricerca nell’ambito delle malattie rare» nonché della ricerca nel campo delle protesi e delle attrezzature robotiche che possono svolgere o agevolare l’assistenza alle persone malate o con disabilità, anche in forma domiciliare;
14) favorire investimenti in un piano specifico per la ricerca senza animali, attuando, in collaborazione con il Ministero dell’università e della ricerca, percorsi formativi sui nuovi approcci metodologici, nell’ottica di rilanciare l’economia in modo sostenibile ed ecocompatibile, coerentemente con l’approccio «One Health» che considera, al fine del benessere e della salute dell’uomo, la tutela dell’ambiente e la tutela e il benessere degli animali;
15) rafforzare, in linea con l’approccio «One Health», la rete di sorveglianza per un sistema sanitario nazionale ed europeo più resiliente soprattutto rispetto alla problematica legata all’antibiotico-resistenza, tenuto conto che la mortalità per infezioni ospedaliere da patogeni resistenti agli antibiotici costituisce una grave minaccia per la salute pubblica;
16) a fronte dell’assoluta necessità di investimenti che garantiscano omogeneità nella rete dei servizi per la salute mentale e tenuto conto che la rete delle strutture sul territorio ha mostrato caratteri di disomogeneità e precaria organizzazione, in particolare per i minori, nonostante negli ultimi dieci anni gli accessi siano quasi raddoppiati, potenziare e implementare, all’interno di un progetto di rete nazionale, i posti letto di neuropsichiatria infantile e il relativo percorso diagnostico, terapeutico e assistenziale, nonché investire nella formazione degli insegnanti di sostegno e degli educatori in tema di salute mentale e neuropsichiatria infantile;
17) prevedere il monitoraggio e l’implementazione del «benessere organizzativo» affiancandolo agli indicatori BES (benessere equo e sostenibile), in modo da contemplare, accanto a un «indicatore di esito», un altrettanto importante «indicatore di sviluppo organizzativo», nel solco della cultura della valutazione delle politiche pubbliche e della progettazione e gestione delle reti ospedaliere e delle reti assistenziali della medicina del territorio.
Questi i punti riguardanti le politiche sociali:
1. ridurre, nell’ambito dei progetti concernenti le categorie fragili, le disuguaglianze connesse alle condizioni di disabilità, con particolare attenzione alle persone affette da disagio psichico e con dipendenze patologiche e nell’ambito dei progetti di dismissione delle residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (REMS), attraverso misure volte ad assicurare un reale inserimento sociale, scolastico e lavorativo, percorsi personalizzati, capaci di realizzare un welfare «generativo», e un’efficace integrazione e coprogettazione tra le reti di servizi e con gli enti del Terzo settore;
2. implementare le politiche volte a consentire la piena attuazione della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, destinando una specifica quota delle risorse per garantire l’accessibilità agli edifici pubblici e privati e a tutti i servizi, per la realizzazione dei progetti di vita indipendente;
3. ferma restando l’esigenza di promuovere i progetti di vita indipendente, colmare le carenze pubbliche strutturali e qualitative del sistema di accoglienza per le persone con disabilità e dei Centri diurni per persone con disabilità e anziani, anche attraverso l’utilizzo del budget di salute per la deistituzionalizzazione;
4. con riferimento ai criteri di valutazione positiva dei progetti, specificati dalle Linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e di resilienza e riprese nello schema di relazione, al paragrafo 4.2, specificare che, nell’ambito dei «Progetti con effetti positivi rapidi su numerosi beneficiari finora scartati per mancanza di fondi», sia data priorità a quelli riguardanti le persone con disabilità;
5. ridefinizione dei carichi di cura e di lavoro dei componenti del nucleo familiare, ivi inclusi gli assistenti a domicilio alle persone non autosufficienti, al fine di superare le disuguaglianze che l’emergenza pandemica ha evidenziato in modo ancora più drammatico, in un contesto organico di servizi e di prestazioni che ne agevolino la formazione, ne migliorino la qualità della vita quotidiana, li aiutino a fronteggiare le situazioni di fragilità, alleviando il carico sulla componente femminile, riequilibrando i ruoli di genere e riconoscendo il ruolo del caregiver familiare;
6. definizione dei livelli essenziali delle prestazioni di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (LEP), al fine di garantire adeguata assistenza alle fasce più fragili della popolazione e di promuovere un welfare di comunità attraverso interventi e misure di contrasto alla povertà, alle fragilità sociali e al disagio giovanile, di tutela dell’infanzia, di cura e assistenza agli anziani e ai disabili, di inclusione socio-lavorativa e integrazione degli immigrati;
7. nell’ottica di garantire la tutela dell’infanzia specialmente nella prima fascia di età, da zero a tre anni, ridurre le diseguaglianze educative e il divario esistente tra le varie parti del territorio nazionale, introdurre misure di sostegno economico strutturali alle famiglie, rafforzare la rete dei servizi per l’infanzia e degli asili nido, tenuto conto che il problema della denatalità non può essere risolto se non si forniscono adeguati servizi alla popolazione, anche a fronte del dato per cui un milione e duecentomila minori in Italia vivono in condizione di povertà assoluta.