Per quanto possa apparire paradossale – se pensiamo alla conclamata trasparenza grillina prima che il M5S si trasformasse nel più impenetrabile partito della nostra storia repubblicana – credo che mai l’Italia abbia vissuto un’epoca di dati occulti e segretezza come quella attuale.
Con la benedizione di una sinistra irriconoscibile nella sua metamorfosi attuale, il governo Conte 2 agisce ed opera senza dare conto di nulla, né al Parlamento (che prima o poi avrà un rigurgito di dignità), né ai cittadini, ammantandosi, specie nell’emergenza Covid-19, di solo paternalismo.
Così che la difesa ad oltranza contro la legittima richiesta avanzata da alcuni cittadini, ed appoggiata dai giuristi della Fondazione Einaudi (il “nostro” Federico Tedeschini, Ezechia Paolo Reale, Rocco Mauro Todero, Andrea Pruiti Ciarello, Nicola Galati e Vincenzo Palumbo), di avere accesso ai verbali della commissione tecnico-scientifica, richiamati, senza renderli pubblici, sui principali “d.p.c.m”, con i quali l’intero popolo italiano è stato limitato di suoi diritti fondamentali, non stupisce e non crea lo scandalo che dovrebbe, invece, suscitare in un Paese democratico ed in uno Stato di diritto, reale e non solamente “apparente”, come stiamo consentendo di trasformare la nostra Italia.
Ora, se in una sentenza, si deve leggere la ovvia considerazione svolta dal Tar Lazio nella sentenza 8615 del 22 luglio 2020, che «la ratio dell’intera disciplina normativa dell’accesso impone di ritenere che se l’ordinamento giuridico riconosce, ormai, la più ampia trasparenza alla conoscibilità anche di tutti gli atti presupposti all’adozione di provvedimenti individuali o atti caratterizzati da un ben minore impatto sociale, a maggior ragione deve essere consentito l’accesso ad atti, come i verbali in esame, che indicando i presupposti fattuali per l’adozione dei descritti DPCM, si connotano per un particolare impatto sociale, sui territori e sulla collettività», significa che il Governo – al netto delle altre profonde considerazioni giuridiche e dei numerosi profili di illegittimità rilevati dai giudici amministrativi – ha interesse che qualcosa non si sappia.
Il problema è che il mistero si addice più al gaddiano Palazzo degli Ori di Via Merulana, 219, che a quell’autentico “palazzo dell’oro” in cui si è trasformato nel tempo il Palazzo del Potere.
Così che, mistero per mi(ni)stero, non possiamo non annotare come la decisione del Tar, qui autentico “giudice a Berlino”, mette anche in primo piano l’abuso di “dippiciemme”, che sembrano proprio un “pasticciaccio” brutto.
Mi capita di avere amici colti che suscitano, anche alla mia età, una irrefrenabile curiosità (che mi ha portato ad indagare su un istituto che, confesso, non conoscevo), rilevando, ad esempio – in tema di abusi del potere – come nel nostro ordinamento non ci siano norme come la “maßnahme” tedesca, che consente di attribuire poteri speciali al capo del governo e nella storia utilizzata da Hitler per imporre la dittatura nazista: lo noto senza il minimo intento di dare del “nazista” al Prof. Conte – honi soit qui mal y pense – ma solo come cronaca storica.
Eppure, dal coacervo di norme partorite nell’emergenza vissuta lo scorso inverno, sono derivate violazioni palesi della Costituzione, deleghe attribuite con disinvoltura in barba a inibizioni assolute, poteri speciali surrogati in capo a determinati organi.
Un travalicamento di poteri speciali in una situazione che consentiva interventi solo in materia sanitaria e che, invece, con l’estensione ad altri settori, ha determinato una compressione dei diritti dei cittadini che non ha pari nella nostra storia: fascismo compreso, che necessariamente fu “progressivo” nel suo essere dittatura e regime, evocato nel fascistissimo “divieto di assembramento”, da contrapporre alla democratica libertà di riunione.
L’utilizzo però del DPCM, provvedimento amministrativo che sfugge persino al vaglio del Presidente della Repubblica (necessario nel decreto legge, strumento che sarebbe stato più appropriato) presenta un vantaggio per i cittadini, abbreviando i tempi del controllo giurisdizionale: che sono lunghissimi per la verifica costituzionale necessaria per una legge, ma che possono essere anche molto brevi per la dichiarazione di illegittimità di un atto amministrativo.
La sentenza ottenuta dai giuristi della Fondazione Einaudi – verso i quali il “cittadino” è e deve essere grato – apre la strada ad una serie di controlli: che il potere non vorrebbe.
Ma che proprio per tale ragione dobbiamo, da cittadini, fortemente pretendere.