Paavo Järvi e Augustin Hadelich, insieme all’Orchestra dell”Accademia Nazionale di Santa Cecilia, realizzano uno dei migliori concerti delle ultime stagioni.
Come ogni stagione concertistica, l’Accademia di Santa Cecilia propone programmi pensati con raffinato gusto estetico, ma sempre forieri di tensione emotiva e riflessione per il pubblico. Mai accade che si esca da un concerto come si è entrati, al contrario, l’Accademia riesce sempre a generare un legame tra tradizione e contemporaneità, che riverbera nell’animo di chi ascolta. Ne è un fulgido esempio il concerto diretto da Paavo Järvi, tornato all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone per dirigere uno dei concerti più appassionanti della stagione dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.
Nato a Tallinn nel 1960, Järvi è figlio del celebre direttore Neeme Järvi e fratello di Kristjan, anch’egli direttore. Attualmente è Direttore principale della Tonhalle Orchester di Zurigo e Direttore artistico della Deutsche Kammerphilharmonie Bremen. Nel 2019 è stato premiato da Opus Klassik come “Direttore dell’anno” e nel 2015 come “Artista dell’anno” da Gramophon e Diapason. Per questo concerto di fine febbraio insieme a lui è salito per la prima volta sul palcoscenico ceciliano un artista straordinario, Augustin Hadelich, violinista tedesco classe 1984 nato e cresciuto a Cecina (“Ogni volta che penso a casa, penso al paesaggio italiano e all’Italia. Penso agli ulivi, fondamentalmente” ha recentemente dichiarato alla rivista Suonare News) e da quasi vent’anni residente negli Stati Uniti, e che da ragazzo ha studiato anche con Uto Ughi. Nel 2006 si è aggiudicato il concorso di Indianapolis, dieci anni dopo ha vinto il suo primo Grammy Award nella categoria “Miglior interpretazione solista strumentale di musica classica” per il Concerto per violino di Dutilleux. Da allora, grazie alla sua tecnica fenomenale e alla sua profondità interpretativa, ha suonato con le maggiori orchestre statunitensi e in Europa – tra le altre – con i Berliner Philharmoniker, con l’Orchestra del Concertgebouw di Amsterdam e con l’Orchestre National de France. “L’essenza della musicalità di Hadelich – si legge sul “Washington Post” – è la bellezza, che si rivela negli svariati modi di donare vita a un fraseggio, […] senza incontrare alcun tipo di ostacolo tecnico e nel mostrare qualcosa da un’angolazione diversa dalla nostra”.
Se direttore, solista e orchestra sono costituite da un parterre di stelle della musica (ricordiamo infatti che l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia è un nostro fiore all’occhiello, costituendosi come una delle migliori orchestre del mondo) il programma prevede alcuni dei più suggestivi brani della storia della musica degli ultimi due secoli.
Ha aperto infatti la serata il Prélude à l’après-midi d’un faune di Debussy, vero e proprio capolavoro della letteratura musicale che nel 1894 inaugurò una nuova epoca della storia della musica e, come affermò Pierre Boulez, “si può dire con fondatezza che la musica moderna si sveglia nell’Après-midi d’un faune”. Ispirato all’egloga di Mallarmé del 1876, la musica di Debussy evoca un fauno che nella calura del pomeriggio suona il flauto immerso in pensieri d’amore per due ninfe. A seguire è stato il Concerto per violino di Jan Sibelius eseguito per la prima volta a Helsinki nel 1904 e che può essere considerato come l’ultimo esempio di concerto romantico, con materiale tematico di atmosfera nordica inequivocabilmente sibeliusiano e una scrittura spiccatamente virtuosistica. Ha chiuso il concerto la Quinta Sinfonia di Prokof’ev; composta nel 1944 ed eseguita per la prima volta nel gennaio dell’anno successivo, è la più lunga delle sette sinfonie dell’autore russo e tra le più amate del suo catalogo, anche grazie a invenzioni melodiche sempre accattivanti e alla compenetrazione riuscita tra la forma classica e il linguaggio del Novecento.
Tutta la concertazione imbastita da Järvi è stata caratterizzata da una forte soggettività interpretativa che però nulla toglie alla partitura; in tutti e tre i brani si è assistito ad un miracolo di interpretazione al servizio del compositore. Nel Prélude à l’après-midi d’un faune di Debussy, già profondamente influenzato dalla corrente poetica simbolista e dalla ricerca di una bellezza libera, quasi costituita da singole pennellate musicali, il compositore poggiava queste fioriture su una struttura rigorosa e rigorosamente mimetizzata, che invece l’Orchestra disvela, quasi a restituire splendore a ciò che più si nasconde all’udito e l’esecuzione strumentale è di magnifica alternanza di volumi e colori; Adriana Ferreira nell’assolo al flauto è favolosa quanto la melodia con cui ci trasporta in un mondo di tintillii d’acqua e voluttà di foglie. Cosa dire invece di Augustin Hadelich, in questo debutto indimenticabile, anche per gli archi dell’orchestra che palesavano con le loro espressioni la condivisione di un momento musicale che si è rivelato una somma di bellezze: straordinaria, carica di pathos eppur composta l’esecuzione del violinista su uno straordinario concerto per violino quale è questo di Sibelius, eseguito con un Guarnieri del Gesù che offre molto del suo potenziale sotto le dita di velluto di Hadelich. Difficilmente mi sono emozionata così tanto per un debutto. Tutta la mia ammirazione continua ad andare all’Orchestra, precisa, coerente, ineccepibile nelle esecuzioni, capace di avvolgere e sostenere gli assoli, come ha dato prova nel tempo, meravigliosa nelle esecuzioni dei più grandi capolavori sinfonici. Ed è proprio nella quinta sinfonia di Prokof’ev, che raccoglie in sé tutto il travaglio esistenziale e artistico del compositore ed il controverso rapporto con la patria natia, con la censura del tempo, che l’Orchestra di Santa Cecilia realizza un’esecuzione magistrale, appena calcata nell’irrisione di un regime che voleva, senza riuscirci, imbrigliare il pensiero musicale di un genio come Prokof’ev. Il compositore, infatti, aveva concepito, la sua quinta sinfonia per “glorificare lo spirito umano, cantare l’uomo libero e felice, la sua forza, la sua generosità e la purezza della sua anima” contro l’orrore della guerra. La quinta sinfonia è una preghiera di pace, oggi come allora altissima e necessaria.