venerdì, 22 Novembre, 2024
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La “Casa del Municipio Roma IV” alla ricerca di un nome di donna filosofa

Il IV Municipio della Capitale ha deciso di attribuire una nuova intitolazione alla struttura “Casa del Municipio Roma IV”, nota come “Villa Farinacci”, dal nome del gerarca fascista Roberto Farinacci, da lui fatta edificare nel 1940 per farne un deposito di cereali e annessa abitazione per il suo terreno di Aguzzano.

In concreto, nel corso della realizzazione – si fa notare – che “da casa rurale, l’edificio si presenta più simile ad uno di rappresentanza, una vera e propria villa di campagna, con elementi architettonici caratteristici come la torre, il patio, i portici ed i pavimenti in marmo.”

L’edificio insiste nel quartiere Casal de’ Pazzi, con acceso dal Viale Rousseau, n.90 anche per l’annesso Parco Regionale Urbano di Aguzzano di circa 50 ettari, il tutto entro il perimetro del famoso GRA (Grande Raccordo Anulare).

La Villa Farinacci viene espropriata nel 1975 dal Comune di Roma che, dopo gli opportuni restauri per le diverse destinazioni d’uso nel lungo lasso di tempo, nel 2018 ne passa la proprietà all’attuale IV Municipio.

E proprio nei giorni scorsi, presso la sala stampa del IV Municipio, è stato presentato il progetto di intitolazione della suddetta struttura attualmente identificata in “Casa del Municipio Roma IV” a cura del Presidente Massimiliano Umberto e degli assessori Annarita Leobruni e Maurizio Rossi, rispettivamente con deleghe alle Politiche Educative, Scolastiche, Pari Opportunità e Politiche Giovanili la prima e l’altro alle Politiche Culturali, Sport, Formazione e Lavoro, Diritti Civili e Memoria Storica, nonché da parte di Onorina Gallucci, Presidente della Commissione Sport e Cultura. La scelta è possibile fino al 22 p.v., secondo le istruzioni sul portale del Municipio.

Ne sono state premesse le caratteristiche di “bene comune” e dettagliatamente illustrate le finalità sociali da perseguire come luogo di aggregazione dei cittadini per la diffusione di attività artistiche e culturali con costante dialogo, incontro e confronto tra gli abitanti e l’amministrazione, promuovendone la loro attiva partecipazione.

È stato premesso che la toponomastica del Quartiere Casal de’ Pazzi è tutta al maschile, con nomi storici di elevata cultura filosofica, per cui la Commissione Sport e Cultura, appositamente delegata, ha individuato tre filosofe donne da sottoporre a pubblico sondaggio, scuole comprese, attraverso i canali istituzionali del IV Municipio ed esattamente: Simone de Beauvoir, Hannah Arendt e Ipazia di Alessandria, delle quali si lumeggiano alcune notizie.

1) Simone de Beauvoir (Parigi 1908-1986) – scrittrice, saggista, filosofa, insegnante e femminista francese. Condivide dal 1929 la propria vita sentimentale e professionale con il filosofo Jean-Paul Sartre. Vi sono numerose pubblicazioni di interesse riguardanti i movimenti di trasformazione sociale e sul femminismo. Si legge che “”Le opere della scrittrice sono densamente intessute di considerazioni filosofiche ed esistenziali comunque personali, rivolte in modo particolare ad approfondire il tema del ruolo e della condizione della donna nella società moderna. La visione che la società ha della donna è distorta, in quanto la donna è considerata sempre in relazione all’uomo. Ha condannato il matrimonio, affermando che si tratta di un’istituzione perversa, corrosa alle fondamenta; quindi, il fallimento di un matrimonio non è colpa degli uomini ma dell’istituzione stessa.” (Simone de Beauvoir, Il secondo sesso, Il Saggiatore 2016. Nella sua autobiografia, in quattro volumi, vi sono dirette testimonianze, oltre ad altre pubblicazioni di elevato interesse, come “La terza età, 1970;

2) Hannah Arendt (Hannover 1906- New York 1975), nata da una famiglia ebraica; fu studentessa di filosofia, all’Università di Marburgo, di Martin Heidegger col quale ebbe una segreta relazione per quattro anni, dissociandosi al momento della sua adesione al nazismo. Si laurea nel 1929 con una dissertazione sul concetto di Amore in Sant’Agostino. Nel 1933, al momento della presa del potere di Adolf Hitler in Germania, le viene negata la possibilità di ottenere l’abilitazione all’insegnamento nelle Università tedesche per via delle discriminazioni razziste antisemite del nuovo regime. Lo stesso anno viene arrestata e brevemente imprigionata dalla Gestapo, per aver condotto ricerche, considerate illegali, sull’antisemitismo. È stata una storica e filosofa tedesca naturalizzata statunitense. Si legge che: “”Le sue pubblicazioni spaziano per un’enorme mole di argomenti, ma ancora oggi è maggiormente conosciuta per quelli inerenti alla natura del potere e del male, sulla politica, la democrazia diretta, l’autorità, il totalitarismo. La sua popolarità è associata immediatamente alle controversie sorte attorno al Processo ad Adolf Eichmann e il tentativo di Arendt di spiegare come persone ordinarie divengono attori partecipi degli ingranaggi dei sistemi totalitari, che da alcuni fu considerata un’apologia, e per il termine da lei coniato “la banalità del male”. Il nome di Arendt è commemorato da Istituzioni e riviste devote al suo pensiero, dall’Hannah Arendt Prize per il pensiero politico, oltre che dalle vie e scuole a lei intitolate, e da alcuni francobolli. Con la pubblicazione nel 1951 de “Le origini del totalitarismo “, la sua reputazione di pensatrice e scrittrice fu stabilita e altri cospicui lavori seguirono: “Vita activa”, “La condizione umana” nel 1958, Eickmann a Gerusalemme. La banalità del male nel 1963, L’umanità in tempi bui nel 1968. Insegnò in diverse Università americane rifiutando tuttavia incarichi permanenti. Muore improvvisamente a 69 anni di attacco di cuore, nel 1975, lasciando incompiuto il suo ultimo lavoro, “La vita della mente”;

3) Ipazia di Alessandria (vissuta tra il 355 e il 415 ad Alessandria d’Egitto) filosofa greca antica, scienziata, astronoma, matematica; donna di di enorme cultura, una delle menti più avanzate esistenti allora, ampiamente riconosciuto come simbolo della libertà di pensiero. È stata una dei primi esempi di indipendenza femminile per il ruolo importante che ha ricoperto. Sembra che sia stata allieva prima e collaboratrice del padre poi e si dice che “ella divenne migliore del maestro”, particolarmente nell’astronomia e che, infine, sia stata ella stessa maestra di molti nelle scienze matematiche. Di lei non si trovano scritti, ma molti alunni hanno scritto su di lei, come Damascio il quale scrive che Ipazia “fu di natura più nobile del padre, non si accontentò del sapere che viene dalle scienze matematiche alle quali lui l’aveva introdotta, ma non senza altezza d’animo si dedicò anche alle altre scienze filosofiche”.

Si legge che “La mancanza di ogni suo scritto rende problematico stabilire il contributo effettivo da lei prodotto al progresso del sapere matematico e astronomico della scuola di Alessandria. Matematica, astronoma e filosofa, come aveva già attestato il padre. Ipazia aveva tutti i titoli per succedere al padre nell’insegnamento di queste discipline nella comunità Alessandrina. Fino agli ultimi anni della sua vita esistenziale, la Scuola alessandrina godette di piena libertà di pensiero, elemento essenziale per il fiorire di una cultura e fece compiere importanti passi avanti in numerosi campi che dovevano diventare fondamentali nel Rinascimento: la geometria quantitativa piana e solida, la trigonometria, L’algebra, il calcolo infinitesimale e l’astronomia”.

Sinesio, devotissimo alla sua maestra per tutta la vita, scrive che Ipazia gli avrebbe insegnato a considerare la filosofia “uno stile di vita, una costante, religiosa e disciplinata della verità “.

A capo della scuola di Alessandria Ipazia “era giunta a tanta cultura da superare di molto tutti i filosofi del suo tempo, a succedere nella scuola platonica riportata in vita da Plotino e a spiegare a chi lo desiderava tutte le scienze filosofiche. Per questo motivo accorrevano da lei da ogni parte tutti coloro che desideravano pensare in modo filosofico”.

Dalle fonti antiche emerge “il pubblico insegnamento esercitato da Ipazia verso chiunque volesse ascoltarla: l’immagine data di una Ipazia che insegna sulle strade sembra sottolineare un comportamento la cui audacia sembra voluta, come un gesto di sfida e, a questo proposito, va rilevato che quando Ipizia comincia a insegnare, nell’ultimo decennio del IV secolo, ad Alessandra sono stati appena demoliti i templi dell’antica religione per ordine del vescovo Teofilo, una demolizione che simboleggia la volontà di distruzione di una cultura alla quale anche Ipazia appartiene e che ella è  intenzionata a difendere e a diffondere.”

L’opinione comune in quel tempo va dicendo che “il prestigio conquistato da Ipazia ad Alessandria ha una natura eminentemente culturale, ma quella sua stessa eminente cultura è la condizione dell’acquisizione, da parte di Ipazia, di un potere che non è più soltanto culturale: è anche politico. Scrive infatti lo storico cristiano Socrate Scolastico: “Per la magnifica libertà di parola e di azione che le derive dalla sua cultura, accedeva in modo assennato anche al cospetto dei capi della città e non ero motivo di vergogna per lei lo stare in mezzo agli uomini: infatti, a causa della sua straordinaria saggezza, tutti la rispettavano profondamente e provavano verso di lei un timore reverenziale.”

Mentre nel conflitto tra il prefetto Oreste e il vescovo Cirillo, subentrato a Teofilo alla sua morte nel 412, a pagarne le conseguenze è Ipazia la quale, in preordinati tumulti, viene uccisa. Secondo alcuni storici cristiani Ipazia sarebbe stata diffamata, e accusata con calunnia di essere una delle cause di questo conflitto. Riferisce infatti lo storico della Chiesa Socrate Scolasstico che [Ipazia] “s’incontrava alquanto di frequente con Oreste, l’invidia mise in giro una calunnia su di lei presso il popolo della chiesa, e cioè che fosse lei a non permettere che Oreste si riconciliasse con il Vescovo”.

Nella data della sua morte vi è anche una ipotesi suggestiva quale quella dell’8 marzo del 415 d.C., mentre nella filosofia neo-platonica è ritenuta “martire della libertà di pensiero” e a partire dall’illuminismo, Ipazia viene considerata una vittima del fanatismo religioso e una martire laica del pensiero scientifico.

Sta di fatto che nel Settecento lo storico britannico Edward Gibbon definì la sua morte una “macchia indelebile sul carattere e sulla religione di Cirillo d’Alessandria”.

Ipazia fu celebrata in romanzi, poesie, opere teatrali e quadri. In epoca moderna le furono attribuite alcune false citazioni. Da “La morte di Ipazia di Alessandria e il vescovo Cirillo: la verità storica”su UCCR, 9 aprile 2010.

Villa Farinacci, pertanto, andrà in archivio con tutta la sua storia da non dimenticare per cedere il passo al nome di una delle suddette tre donne filosofe da ricordare per impegni sociali, di libertà e di riscatto civile.

Domenico Turano

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