Secondo quanto emerge dallo studio sulle imprese commissionato da Enit-Unioncamere a Isnart il 2023 è stato l’anno della definitiva ripresa per il settore turistico, con il ritorno dei viaggiatori internazionali e quote di venduto per le imprese ricettive italiane superiori al 2019. Le imprese ricettive italiane hanno chiuso l’anno con una quota di occupazione camere media del 51% (+3,8% rispetto al 2019, anno di picco del turismo italiano). Il clima autunnale favorevole ha generato un effetto di allungamento della stagione turistica, nonostante l’aumento dei costi. Ben 7 imprese su 10 dichiarano di aver chiuso l’anno con utili di bilancio. “Cresce la consapevolezza dell’importanza di un’offerta maggiormente orientata alla sostenibilità ambientale e ai servizi green. Le aziende che mostrano una maggiore attenzione alla formazione del personale, considerata leva fondamentale di qualificazione della propria offerta dal 68% degli stakeholders, tanto che il 20% degli operatori dichiara di averne migliorato le condizioni contrattuali”, commenta Ivana Jelinic, presidente e Ceo di Enit.
Anno molto positivo
“Il 2023 recupera in termini di valore i risultati del 2019, anno record del turismo italiano. Abbiamo ancora da lavorare sui flussi, tuttavia il 2024 si preannuncia un anno molto positivo, visto che, a gennaio, risultano già vendute il 40% delle camere per i mesi di marzo e aprile”, commenta Loretta Credaro, presidente dell’Istituto nazionale per le ricerche turistiche. Dallo studio si stima che nel 2023 si siano registrate in Italia 851 milioni di presenze (in strutture ricettive e abitazioni private) che hanno generato un impatto economico sui territori di oltre 84 miliardi. Rispetto al 2022, si registra un aumento del +2,7% di flussi che però ancora non eguaglia i risultati del 2019, anno record del settore. Si registra un andamento positivo della domanda internazionale (+10% sul 2019 e +7% sul 2022). Gli stranieri spendono in media sui territori 68 euro al giorno a persona, più degli italiani, che si attestano intorno ai 62 euro, facendo registrare un saldo positivo di quasi il 3% (2,9) nei consumi turistici complessivi, rispetto al dato 2022. In crescita, oltre le spese per l’alloggio (+33%), anche quelle per il settore dell’abbigliamento e del manifatturiero (+13%).
Ambiente e patrimonio culturale
Si conferma la ricchezza del patrimonio culturale quale driver principale di scelta per il turista che visita l’Italia (24%), seguita dalle bellezze naturali (20%). In costante crescita è la motivazione legata agli eventi sul territorio, “attrattori” di oltre il 6,5% dei turisti (55 milioni di presenze tra italiani e stranieri), cluster questo, peraltro, caratterizzato da una propensione agli acquisti superiore alla media (93 euro le spese effettuate sul territorio, escluso viaggio e alloggio a fronte di una media di 65 euro, per consumi stimati pari a 7,8 miliardi di euro (9,3% del totale). Tra i turisti, i millennial (28-44 anni) rappresentano il 41,1% del totale: diplomati e laureati, occupati e con uno status economico medio alto, con una buona propensione alla spesa alla ricerca di esperienze di qualità, conoscendo e “degustando” i territori nelle diverse eccellenze. Attraverso la “location intelligence” (nuovo strumento di analisi che analizza i big data secondo criteri geospaziali e cronologici, restituendo anche un profilo comportamentale dei turisti), confrontando i dati estivi con quelli invernali, emerge un incremento del peso relativo della quota di turisti stranieri nel Lazio (più 8 punti percentuali, trainato dalla performance registrata a Roma).