Nella sua ricerca delle disfunzioni che opprimono il “sistema Italia”, Kurt si è imbattuto nel labirinto finanziario del nostro Paese, scoprendo che un tema di rilevante importanza è quello delle pratiche commerciali scorrette perpetrate dalle banche.
Si tratta di fenomeni particolarmente pericolosi, consistenti in comportamenti non etici, ingiusti o fuorvianti nei confronti dei clienti, nonostante l’attività di vigilanza esercitata dalla Banca d’Italia.
Il Marziano è andato così ad esplorare la natura di tali fenomeni e a sottolineare il ruolo cruciale di Quest’ultima – ma prima ancora dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) – nell’individuarle e nel reprimerle.
Vista la curiosità del mio interlocutore – giunta fino al punto di consultare le relazioni annuali dell’Associazione Bancaria Italiana ABI, senza però reperirvi alcunché di rilevante sulla questione – mi sono sforzato di spiegargli come la categoria delle pratiche commerciali scorrette sia ampia e variegata soprattutto quando riguardi l’offerta di beni e servizi bancari, spingendo sia Bankitalia che l’AGCM ad intervenire (come diverse volte è accaduto) per sanzionare aziende di credito che abbiano abusato della buona fede dei loro clienti nell’apertura e nella gestione di rapporti di conto corrente, o di erogazione dei mutui fondiari.
Quel che però ha colpito Kurt è stata soprattutto la circostanza per cui la diffusione di queste pratiche sembra direttamente proporzionale alle dimensioni della banca che le pone in essere: in altri termini più grande è la banca e più spesso diviene oggetto di segnalazioni secondo cui quest’ultima tenderebbe a porre in essere pratiche commerciali scorrette.
Fra le più frequenti, potrei annoverare: l’imposizione di condizioni contrattuali ingiuste o non trasparenti; l’applicazione di tassi di interesse o di spese bancarie eccessive; la promozione di prodotti finanziari complessi senza un’adeguata informazione del rischio connesso, o il mancato rispetto delle regole di condotta in materia di consulenza finanziaria.
Una questione a parte è invece costituita dalle modalità attraverso le quali vengono effettuate le iscrizioni alla centrale rischi gestita dalla Banca d’Italia, dove sono stati addirittura rilevati casi nei quali l’iscrizione stessa è avvenuta senza previamente informarne il debitore della banca segnalante e senza neanche dare al primo la possibilità di saldare il proprio debito per evitare i pregiudizi che da tale iscrizione certamente gli deriveranno.
Altro esempio lampante è la vendita di prodotti finanziari complessi (come i c.d. “derivati”) a clienti che non avevano la necessaria competenza per comprenderne il funzionamento e i rischi. Questo ha comportato, per i clienti, la possibilità di incorrere in perdite finanziarie rilevanti. Allo stesso modo, sono problematiche le pratiche di “hard selling”, ovvero la vendita aggressiva di prodotti o servizi che il cliente non abbia richiesto o che non soddisfino le sue esigenze.
La repressione di tali pratiche è affidata – come già detto – a due organismi: la Banca d’Italia e l’Autorità Garante della Concorrenza del Mercato, che operano (o almeno dovrebbero farlo) in stretto collegamento fra di Loro.
Cominciamo dal Primo di tali organismi: la Banca d’Italia.
A Quest’ultima il legislatore (dapprima italiano e successivamente europeo) ha affidato un ruolo fondamentale nel garantire la correttezza e la trasparenza del settore bancario. Il suo obiettivo principale è di prevenire e reprimere le pratiche commerciali scorrette attraverso un’azione di vigilanza metodica e costante.
Per raggiungere questo scopo, la Banca d’Italia si avvale di strumenti normativi e sanzionatori. Dispone infatti di poteri ispettivi e può comminare sanzioni amministrative pecuniarie e non pecuniarie nei confronti delle banche che violano le regole di condotta prescritte nelle circolari nelle istruzioni all’uopo diramate.
Inoltre, dal 2017 – con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 129 – la Banca d’Italia ha acquisito ulteriori poteri in materia di vigilanza sulle pratiche commerciali delle banche, con la possibilità di intervenire preventivamente per proibire la commercializzazione di prodotti o la messa in esercizio di altre pratiche obiettivamente qualificabili come “scorrette”.
In stretto contatto con la Banca d’Italia opera il secondo degli organismi prima indicati: l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, quale figura preposta alla loro tutela, con il compito di assicurare la lealtà e la correttezza delle pratiche commerciali. Essa è investita di poteri sanzionatori nei confronti delle banche che pongano in essere comportamenti scorretti o anche solo fuorvianti.
L’AGCM opera sulla base di una serie di norme e disposizioni, di carattere sia nazionale che sovranazionale; in particolare, il Decreto Legislativo n. 206 del 200 (meglio noto come Codice del Consumo) è la principale fonte normativa in materia di pratiche commerciali scorrette. Esso ne dà una elencazione espressa (articoli 18-27) e prevede specifici strumenti di tutela per i consumatori, tra cui la possibilità di richiedere l’intervento della medesima AGCM al fine della repressione dei comportamenti segnalati.
In particolare, in uno dei casi prima richiamati (quello della comunicazione alla Centrale Rischi senza previa informativa al cliente) l’AGCM può intervenire accertando la sussistenza di una pratica commerciale scorretta e imponendo sanzioni amministrative pecuniarie: tale intervento si basa sulla violazione dei principi di professionalità, trasparenza e correttezza che le banche sono tenute a rispettare nei confronti dei loro clienti.
È anche da sottolineare come l’AGCM non abbia competenze dirette sulla Centrale Rischi, la cui gestione è affidata alla Banca d’Italia, ma può sicuramente agire nei confronti delle banche che effettuano le segnalazioni in modo scorretto.
Una volta tanto, Kurt si è trovato d’accordo con me nel riconoscere come la repressione delle pratiche commerciali scorrette nel settore bancario rappresenti una sfida costante per l’AGCM.
Al fine di garantire una maggiore tutela dei clienti, è infatti necessario non solo un costante impegno delle autorità di controllo, ma anche un rafforzamento dell’educazione finanziaria dei consumatori e una maggiore trasparenza da parte delle banche.
Ho dunque concluso il mio ragionamento affermando che l’AGCM – grazie ai poteri conferitile dal Codice del Consumo – sembra svolgere un ruolo fondamentale nella tutela dei clienti delle banche, contribuendo a mantenere l’equilibrio e la correttezza nel delicato rapporto tra queste ultime e i clienti.
Il Marziano, a quel punto, ha osservato come – nonostante gli sforzi delle cennate Autorità – le pratiche commerciali scorrette continuino tuttora a rappresentare una sfida significativa per l’intero settore del credito e – per affrontare efficacemente i problemi che ne derivano – sarebbe necessario un approccio olistico che coinvolgesse tutti i protagonisti del settore.
Da un lato, le banche dovrebbero intraprendere un efficace percorso di etica aziendale, basato su trasparenza, correttezza e rispetto del cliente. Dall’altro, i clienti stessi dovrebbero-a loro volta- essere maggiormente consapevoli dei loro diritti e delle modalità di presentazione dei reclami proposti contro i comportamenti che si vogliono censurare. Infine, le autorità di vigilanza dovrebbero continuare a esercitare un controllo sempre più rigoroso, adattandosi prevalentemente alle nuove sfide poste dall’innovazione finanziaria.
In conclusione, il ruolo di quelle Autorità nella prevenzione e repressione delle pratiche commerciali scorrette è di vitale importanza per mantenere l’integrità del sistema bancario italiano. Il compito è arduo e forse la direzione intrapresa non è ancora quella più efficace: vi sono però tutte le premesse per arrivare alla realizzazione di un settore bancario più etico, trasparente ed effettivamente al servizio dei propri clienti.
Su queste ultime considerazioni, Kurt non ha replicato alcunché: volendo così significare che – una volta tanto – si è trovato ad essere d’accordo con me.