L’anno nuovo si apre con previsioni economiche sul nostro Paese all’insegna dell’incertezza. Le ultime stime effettuate da diversi centri di ricerca, tra organizzazioni indipendenti, governative e banche d’affari, indicano nel 2023 un Pil in crescita variabile da un +0,6% a una recessione fino al -1,4%. È evidente che su tale andamento contribuiranno fattori dagli importanti ambiti di indeterminatezza: dal costo dell’energia all’inflazione alle politiche monetarie.
L’inflazione, dopo essere aumentata nella seconda metà del 2021 e nel 2022, è probabile che freni progressivamente nel 2023. A pesare finora sono stati il prezzo dell’energia e degli alimenti, il cui costo – in particolare quello delle derrate – è però in via di miglioramento. Tra le conseguenze dell’inflazione, è possibile che i lavoratori chiedano di essere indennizzati dall’aumento dei prezzi, il che equivarrebbe a un innalzamento del costo del lavoro per le nostre aziende, già in difficoltà per la congiuntura.
Il pericolo maggiore è che la stretta dei tassi, in particolare in area Usa e in ambito Ue, determini una recessione. Oggi la dinamica della creazione di posti di lavoro negli Stati Uniti rallenta, ma l’economia resta in piena occupazione. Il tasso di disoccupazione in area euro, in calo al 6,5% in ottobre, è invece più basso. Fondamentale sarà il ruolo delle Banche centrali. È improbabile che Fed e Bce si fermino nel rialzo dei tassi per raggiungere l’obiettivo dell’inflazione al 2%. Al contrario, è ragionevole supporre che la Fed alzerà di nuovo ancora i tassi fino arrivare anche al 5%, anche se in modo più graduale rispetto al 2022. La Bce si comporterà allo stesso modo, è già alcuni osservatori prevedono un incremento dello 0,5% nella riunione del 2 febbraio a Francoforte.
In un tale quadro di incertezza, penso che la recessione sia plausibile, che arriverà prima in Europa e poi negli Usa, ma che dovrebbe essere breve e con effetti contenuti. Nondimeno, il nostro Paese può affrontare con coraggio il nuovo anno, guardando ai propri punti di forza. L’Italia ha messo in sicurezza gli approvvigionamenti energetici ampliando i flussi di gas da Azerbaijan, Algeria e Norvegia, la nostra economia ha mostrato grande forza di resilienza – con l’export che nel 2022 ha toccato la cifra record di 600 miliardi -, il turismo è ripartito grazie al ritorno degli ospiti stranieri portando nuova fiducia, gli italiani possiedono oltre 5.000 miliardi di risparmi che potrebbero stimolare i consumi – e che dovrebbero, come ricordo spesso da queste colonne, essere investiti nel capitale delle aziende -. Soprattutto, mi pare che la guerra in atto in Europa e le difficoltà della Cina, rappresentino l’occasione per le nostre eccellenze produttive, in particolare quelle attive nel settore delle nuove tecnologie e dell’innovazione, di essere volano dell’Italia quale Paese perno del Mediterraneo, che molti analisti vedono nel medio-lungo periodo come area di crescita e di sviluppo, ponte tra il Medio Oriente e l’emergente Africa.