lunedì, 16 Dicembre, 2024
Cronache marziane

Lungo viaggio dentro la giustizia – V

Dopo aver intrattenuto Kurt il marziano sul valore delle sentenze prive di motivazione sostanziale e sulle conseguenze di una simile carenza sul piano della giustizia sostanziale, avevo ragione di ritenere che la questione fosse chiusa, ma mi sbagliavo.

Infatti Kurt – dopo qualche giorno che non si tornava più sull’argomento – è tornato ad affrontare la questione della qualità del lavoro dei giudici civili e mi ha sbandierato sotto il naso l’articolo 116 del Codice di procedura civile a termini del quale “il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento”, domandandomi se può parlarsi di carenza della motivazione anche nel caso in cui tale valutazione non sia stata effettuata, o perlomeno di quella valutazione non sia dato atto in sentenza.

La domanda mi è sembrata solo apparentemente retorica, per cui Gli ho mostrato la decisione di un giudice romano che – in esito del disconoscimento, da parte del ricorrente, delle prove fornite da controparte in un giudizio per convalida di sfratto – non si è neanche posto il problema dell’abuso del diritto ex art 2712 del Codice Civile e ha condannato quest’ultima a pagare canoni di locazione per un periodo di tempo nel quale la locazione dell’immobile non era stata mai effettivamente goduta dall’originario conduttore.

Speravo che il Marziano si convincesse della evidente erroneità di una simile sentenza, ma così non è stato perché Quest’ultimo, dando prova di notevole perizia nella ricerca della giurisprudenza, mi ha prontamente esibito l’ordinanza cautelare della Corte d’appello che – respingendo la domanda di sospensione degli effetti di tale sentenza, in attesa della decisione sul merito – aveva affermato  in poche righe che la sentenza stessa non sembrava meritevole di alcuna censura.

A quel punto però sono stato io ad avere buon gioco nel dimostrare a Kurt che la vicenda appena riferita era – vista nel suo complesso – la miglior prova di un doppio difetto di istruttoria: sia da parte del primo giudice, che del giudice d’appello.

In particolare ho fatto osservare al Marziano come né il Tribunale, né la Corte d’appello si fossero posti il problema della valutazione complessiva delle prove poste alla base della richiamata vicenda e soprattutto come nessuno dei due giudici avesse osservato le disposizioni contenute nell’articolo 331, quarto comma, del Codice di Procedura Penale, a termini del quale “se nel corso di un procedimento civile o amministrativo, emerge un fatto nel quale si può configurare un reato perseguibile di ufficio, l’autorità che procede redige e trasmette senza ritardo la denuncia al pubblico ministero.”

Nella fattispecie appena descritta è infatti evidente che delle due l’una: o il resistente aveva fornito prove false e indicato falsi testimoni (nel qual caso avrebbe commesso il reato di falsa attestazione di un atto destinato all’autorità giudiziaria, ex art. 374 bis del Codice Penale) oppure il ricorrente aveva architettato – in danno del primo  – una evidente truffa che, per la sua gravità, sarebbe stata perseguibile d’ufficio ex art. 640 di quello stesso Codice.

Il vero problema della nostra giustizia civile – ho aggiunto – si raccoglie dunque nella seguente domanda: quanti di questi episodi si ripetono ogni giorno nei tribunali italiani e come mai nessuno si è ancora posto la questione dell’aggravamento del difetto di istruttoria in conseguenza della sostanziale abolizione del contraddittorio fra i contendenti, ormai sostituito da note d’udienza depositate da ciascuna parte senza possibilità di un loro reale confronto di fronte al giudice deve decidere la causa?

Tutte le forze politiche sembrano convergere attorno all’affermazione secondo cui la nostra giustizia è malata, ma subito dopo iniziano zuffe, violente quanto inutili, sui rimedi necessari a curare il male: taluna di loro la rinviene nel ripristino della responsabilità degli stessi giudici (come esiste, del resto, in ogni paese europeo), talaltra ritiene questo rimedio peggiore del male, perché metterebbe in pericolo l’autonomia e l’indipendenza dei giudici. e gli preferisce rimedi di natura puramente organizzativa.

In attesa di sapere quale fra i due indirizzi prevarrà nell’azione del nuovo Governo, ho chiesto al Marziano di riflettere per darmi il suo personale contributo alla soluzione della questione.

Kurt mi ha promesso di indicarmi presto una sua proposta; ma anche il Marziano ha velocemente appreso l’arte di non mantenere le promesse.

Non mi resta dunque che attendere di conoscere il suo punto di vista, semmai vorrà esternarmelo.

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