…Continuazione del precedente articolo (In ricordo di don Luigi Sturzo – parte III)
Morto Pio IX, nel 1878 gli successe Leone XIII, al secolo V. G. Pecci, il cui nome resta legato all’enciclica Rerum novarum che, promulgata nel 1891, costituì una svolta nella politica della Chiesa e segnò un ulteriore ripensamento e una svolta definitiva.
L’enciclica infatti tendeva in modo nuovo a fondare la presenza della Chiesa nella società sull’appoggio dei popoli, l’accettazione della democrazia e il riconoscimento dei diritti del lavoro. Essa rappresenta il punto di partenza di una dottrina sociale ripresa ed ampliata prima da Pio XI e poi da Giovanni XXIII, Paolo VI e infine Giovanni Paolo II.
La Chiesa prese posizione in rapporto alla questione sociale, affermando che il lavoro e la sua remunerazione non potessero sottostare unicamente alla legge del mercato, e con ciò il diritto degli operai alla giusta mercede. Con una affermazione del genere essa si schierava decisamente dalla parte degli umili e degli indifesi, ergendosi anzi a tutela dei diritti dei poveri e della giustizia sociale.
Morto Leone XIII nel 1903, gli era succeduto Pio X, al secolo Giuseppe Sarto, che fu Pontefice sino al 1914 e dalla Chiesa santificato. Egli, assolutamente contrario alla costituzione di un partito, soppresse l’Opera dei Congressi e nel 1905 emanò l’enciclica Il fermo proposito con la quale indicò le direttive da seguire. Apparivano tra esse quella di “prendere sommamente a cuore gli interessi del popolo e particolarmente del ceto operaio e agricolo” per… “riasciugarne le lacrime, raddolcirne le pene, migliorarne la condizione economica”, ma nello stesso tempo “combattere con ogni mezzo giusto e legale la civiltà anticristiana” al fine di “ricondurre Gesù Cristo nella famiglia, nella scuola, nella società”. E nei confronti dei democratico-cristiani esprimeva un giudizio di disapprovazione giudicandoli “sconsigliati” in quanto avevano voluto accingersi ad una missione che l’autorità della Chiesa non aveva loro affidata. Con ciò bloccò sia il progetto di Luigi Meda, volto a costituire un raggruppamento aconfessionale, interclassista e riformatore, sia quelli di Romolo Murri e di don Sturzo, che pensava ad un partito nazionale.
Occorre ricordare che in seno ai cattolici, in contrasto con gli intransigenti, si era sviluppato un altro schieramento che si richiamava agli ideali di una democrazia cristiana così come era stata adombrata nell’enciclica Rerum novarum.
Tra i maggiori esponenti di questa corrente fu Romolo Murri.
Nato nel 1870 a Montesanpietrangeli, in provincia di Ascoli Piceno, Murri frequentò a Roma l’Università Gregoriana dove conseguì una preparazione teologica orientata verso il tomismo, si iscrisse poi alla Facoltà di Lettere dell’Università “La Sapienza”. Nel 1892 fu ordinato sacerdote. Fondò quindi a Roma il circolo universitario San Sebastiano, il periodico Vita Nova e nel 1898 la rivista Cultura sociale. Quest’ultima divenne presto, nella Roma di Leone XIII, il centro di raccolta dei giovani democratici cristiani, vivacemente polemici nei confronti dei vecchi intransigenti. Salito però al soglio pontificio Pio X, Murri cominciò ad incontrare difficoltà sempre più grandi finché nel 1909 fu scomunicato. Morì a Roma nel ‘44, un anno dopo essere stato riammesso nella comunità ecclesiale. A Romolo Murri si deve pertanto una puntualizzazione del programma sociale della democrazia cristiana apparsa nel marzo del 1903 sulla rivista Battaglie d’oggi.
Dopo l’enciclica Il fermo proposito cominciò invece una riorganizzazione delle falangi cattoliche che portò alla costituzione dell’Unione Popolare, dell’Unione Economico-sociale e dell’Unione Elettorale Cattolica Italiana.
La prima ebbe funzione di studio e approfondimento culturale. La seconda diresse le associazioni economico-sociali cattoliche; promosse la costituzione di unioni professionali su base regionale ed espresse le prime federazioni nazionali cattoliche di categoria. Si sviluppò così un sindacalismo poi detto “bianco” per distinguerlo da quello “rosso” dei socialisti. La terza infine avrebbe dovuto avere compiti di coordinamento tra le associazioni elettorali locali e di direzione, nelle elezioni politiche, secondo le direttive della Santa Sede.
Questa era a grandi linee la situazione che caratterizzava il desiderio dei cattolici laici di avere una partito e la Chiesa che oscillava tra dissenso ed assenso, che don Sturzo trovò.
Il prosieguo nel prossimo numero