Il tardivo intervento della Banca centrale europea sui tassi, gli interventi necessari per evitare la recessione e difendere famiglie e imprese e le ripercussioni del super-dollaro. Su questi temi abbiamo intervistato il Prof. Ubaldo Livolsi, banchiere ed advisor, esperto internazionale dei mercati finanziari.
Prof. Livolsi, la Banca Centrale Europea ha deciso di alzare di 75 punti base. I prezzi dell’energia stanno riducendo il potere d’acquisto di famiglie e imprese. Come sarà questo autunno?
La Bce ha alzato i tassi dello 0,75% in un solo giorno. Si tratta del maggiore rialzo in un giorno del costo del denaro dal 1999 operato dall’istituto di Francoforte. I prestiti ordinari avranno un interesse dell’1,25%. Non solo, la presidente Christine Lagarde ha sostenuto che i tassi continueranno a essere aumentati. L’obiettivo è di contenere l’inflazione che nell’area euro è oltre il 9%. La Banca centrale prevede la crescita zero tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo. Si è verificato quanto da noi analizzato e preconizzato nel corso del Convegno “La tempesta perfetta e l’economia della Speranza”, di cui sono stato uno dei fautori e che si è tenuto nel luglio scorso presso la Link Campus University di Roma e a cui il vostro giornale ha dato ampio risalto. Prepariamoci a un inverno difficilissimo sia per le famiglie che per le imprese. Le rate per i mutui variabili aumenteranno per i privati, conseguenze importanti ci saranno anche per i prestiti praticati alle imprese, in particolare le Pmi, già strozzate dall’aumento alle stelle del prezzo del gas, per le quali un finanziamento a 60 mesi potrebbe arrivare al 3%, quasi il triplo rispetto a gennaio. Ci saranno ricadute negative anche sul debito pubblico. La risposta è arrivata troppo tardi. L’inflazione europea è legata non alla crescita, ma all’aumento dei costi ed è diversa da quella Usa connessa all’occupazione piena e a un conseguente aumento della domanda. Ci accingiamo ad andare verso la stagflazione, una condizione che abbina inflazione e recessione, molto complicata da risolvere nello scenario attuale.
Il commissario economico dell’UE Gentiloni ha dichiarato in un’intervista alla rivista “Der Spiegel” che l’Unione Europea dovrà pensare a nuovi programmi di stimolo economico se la crisi economica dovesse peggiorare. Secondo lei quali potrebbero essere questi programmi economici di stimolo all’economia?
Gli strumenti da introdurre possono essere molti, ma la congiuntura e il contesto politico europeo, in particolare con l’Italia alle prese con le prossime elezioni del 25 settembre, rendono difficile prendere decisioni condivise. Da un punto di vista macroeconomico, penso innanzitutto a un grande piano di opere pubbliche che dovrebbe essere finanziato dalle emissioni di bond da parte della Banca Centrale di Francoforte. Sappiamo però quanto all’interno dei Paesi membri ci siano resistenze a finanziare altro debito. Non dimentichiamo che Bruxelles con Next Generation EU, il piano per il rilancio dell’Europa approntato dopo la pandemia, ha già allestito uno stanziamento di 750 miliardi di euro. Penso poi ai sostegni alle famiglie e alle imprese. Il nostro Paese ha fatto moltissimo in proposito con gli interventi del Governo Draghi a favore delle famiglie e delle imprese. Una situazione molto problematica. A causa della guerra in Ucraina, come ha ricordato Daniele Franco, ministro del MEF, in base alle stime le importazioni nette di energia nel 2022 da parte dell’Italia potrebbe salire a 100 miliardi. Nel 2021 erano state pari 43 miliardi. Un aumento di quasi 60 miliardi, circa tre punti di Pil. La soluzione potrebbe venire anche dal tetto al prezzo del gas, ma tutto è slittato al prossimo Consiglio europeo informale che si terrà il 6 ottobre a Praga. Non c’è ancora accordo tra i 27 e i paesi del Nord, capeggiati da Olanda e Danimarca, ancora non sono convinti della soluzione proposta nei mesi scorsi dal premier Mario Draghi.
Il dollaro statunitense sta vivendo un periodo di grande slancio grazie alla combinazione di dati economici statunitensi più forti e commenti da falco da parte dei presidenti della Fed, il dollaro si sta dimostrando una valuta forte e rifugio di grandi investitori che preferiscono detenere capitali in dollari. Quale sarà invece il futuro della Eurozona e della sua valuta?
È vero, le prese di posizione e le decisioni di Jerome Powell pesano e assistiamo a un comportamento preciso degli investitori che scommettano sul biglietto verde. Sul dollaro americano influiscono le probabilità di nuovi apprezzamenti e questa condizione è la causa prima del suo apprezzamento anche sul mercato valutario nei confronti delle altre valute. Va anche considerato che un dollaro forte non è assolutamente salutare per l’economia Usa in quanto l’inflazione rimane molto elevata. Il prossimo aumento dei tassi potrebbe essere l’ultimo per l’economia Usa e ciò potrebbe portare un po’ di respiro alle altre majors che in questo momento stanno soffrendo contro il dollaro molto forte. Sono convinto che presto ci sarà un riallineamento e il cambio euro/dollaro Usa tornerà ad assestarsi intorno alla quota classica di 1,1. Fondamentali saranno le decisioni di Bruxelles e della Bce, ossia la capacità di riuscire a conciliare innalzamento dei tassi con stimoli alla crescita.