Il Marziano fa notevoli progressi – non c’è dubbio – verso la comprensione delle dinamiche che guidano gli instabili assetti del nostro pianeta e così l’altra sera ha addirittura preteso di spiegarmi come finirà la vicenda dell’allargamento della NATO, diretta conseguenza dell’invasione dell’Ukraina.
È vero che Kurt è in grado di viaggiare nel tempo (e quindi di tuffarsi nel passato, come di prevedere il futuro), ma sospetto fortemente che Egli esageri nel declamarmi questa sua qualità, per cui ho ritenuto di sottoporre a critica il disegno dei rapporti est-ovest che ha preteso di illustrarmi.
Il disegno è questo: la guerra-lampo scatenata da Putin contro l’Ukraina si è ormai trasformata in una guerra di posizione che ha molta somiglianza con quella che vide gli americani impaludati in Vietnam e – come allora – per uscire dalla palude il Presidente Nixon, repubblicano, dovete ottenere l’aiuto della Cina comunista, avviando l’apertura di relazioni diplomatiche con quel Paese, in danno di Taiwan.
Più di cinquant’anni dopo (vale a dire: oggi!) Il Presidente Biden, democratico, deve nuovamente considerare la Cina comunista come l’interlocutore privilegiato attraverso il quale avviare la risoluzione della crisi apertasi con quella Federazione Russa che Putin vorrebbe trasformare nella nuova Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche – URSS.
Il modello è dunque, almeno in apparenza, quello di mezzo secolo fa; ma le realtà che si celano dietro quel modello – in Russia da una parte e in Cina dall’altra – sono profondamente cambiate perché in entrambi quei due ordinamenti la ricerca dell’equilibrio fra domanda e offerta (che gli economisti chiamano “legge del mercato”) ha fatto venir meno la caratteristica fondamentale di entrambe: cioè il comunismo.
Questa caratteristica però si dirama a sua volta in due tronconi: il marxismo utopico (a ciascuno secondo i propri bisogni) e il leninismo, inteso come tecnica di presa del potere all’interno di ciascun ordinamento per essere poi utilizzata, a fini egemonici, verso l’esterno e in primis verso i Paesi confinanti.
L’adattamento del giuoco delle relazioni internazionali a questo modello ha pure fatto sì che la NATO sia interessata da un processo di espansione attorno alla Russia, mentre Quest’ultima non può contrastarla con una omologa organizzazione quale fu il Patto di Varsavia, ma deve combatterla direttamente: di qui l’odierna crisi dei rapporti internazionali fra est e ovest in mezzo ai quali si trova l’Unione Europea.
Così, mentre gli occhi di tutti noi sono puntati verso Kiev, il ripristino dell’ordine mondiale passa attraverso il riequilibrio dei rapporti fra Washington e Mosca, da restaurare con la mediazione di Pechino.
Comunque la vicenda finisca, il ruolo della Cina è destinato a mutare: non foss’altro perché la sua politica di espansione verso il continente africano rischia di essere compromessa dall’incombente carestia derivante dalla chiusura dei porti ucraini da cui partivano le navi, cariche di grano, destinate a quelle popolazioni.
In pratica, quello che Kurt mi propone è di spostare l’attenzione dalle vicende belliche a quelle diplomatiche: prime fra tutte l’opposizione della Turchia allargamento della Nato verso i Paesi scandinavi e l’astensione della Cina sulle determinazioni del consiglio di sicurezza dell’Onu che hanno condannato l’aggressione dell’Ukraina.
Riconosco che potrebbe anche essere una più corretta prospettiva alla luce della quale individuare possibili soluzioni ai numerosi problemi che la guerra in atto sta producendo sul sistema delle relazioni internazionali; ma non posso dimenticare che – senza la resistenza della popolazione aggredita – le intenzioni egemoniche di Putin diventerebbero il perno sul quale quel sistema potrebbe domani fondarsi.
Dobbiamo allora salutare con ottimismo l’ipotesi di una riapertura dei colloqui fra russi e americani, avviata nelle ultime ore su iniziativa del Ministro degli Esteri USA verso il suo omologo russo, ma non possiamo mai perdere di vista i silenzi della Cina verso le tensioni di questi giorni: sarebbe infatti un grave errore dimenticare che la nomenklatura di quest’ultimo Paese attende solo di comprendere quale, fra gli altri due contendenti, possa rivelarsi come lo stanco vincitore di un conflitto che mai sarebbe dovuto cominciare e – se un vincitore non ci sarà – anche Xi Jin Ping dovrà ricalibrare l’odierna strategia attendista.
I ragionamenti del Marziano non sembrano fare una piega, ma per sapere come finirà la vicenda occorre ricordare che non sempre le Nazioni – in guerra, come in pace – si muovono secondo logica e ragionevolezza: è questa la variabile che Kurt sembra dimenticare e che non è di poco conto!