giovedì, 26 Dicembre, 2024
Cultura

L’infanzia di “Carluccio” il Cardinale

La figura di Carlo Maria Martini nei ricordi della sorella

Maris Martini Facchini è una signora di carattere: lo avverti già al primo incontro. Nella sua lunga vita è stata insegnante, moglie, madre, volontaria in associazioni e gruppi. Ed è stata la sorella minore di Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano. Giunta nell’età in cui si mette ordine ai ricordi, che diventano nitidissimi per il tempo passato, ha dedicato un “librino” – come lei stessa l’ha definito – al fratello e lo va presentando con successo in giro per l’Italia accompagnando spesso l’evento con una mostra di documenti ed immagini del cardinale.

Partecipando alla presentazione del libro sono naturalmente emersi i ricordi di una famiglia laboriosa ed unita, specchio migliore del Paese che stava uscendo dalle macerie della guerra, dove “Carluccio” (così veniva chiamato in casa) si distingue fin da giovane per la serietà e il rigore dell’ impegno, un tratto che l’accompagnerà anche nella maturità così da far dire a uno dei suoi fedeli segretari che “in fondo sembrava che ci provasse quasi gusto a trovarsi delle difficoltà”, riconoscendovi “una sfida a se stesso e a come ne sarebbe venuto fuori”.

Il cardinale Carlo Maria Martini

Nell’intervento che mi è stato chiesto ho omesso i tanti aneddoti che si uniscono alla corposa bibliografia di Martini la cui figura ha conosciuto una notorietà che non si spegne. Nel “librino” si sorride della risposta del cardinale alla sorella che lo rimproverava per le vecchie scarpe calzate il giorno della consacrazione a vescovo “mi rispose che le scarpe dovevano essere comode, così non avrebbe avuto male ai piedi e che con la suola un po’ frusta non avrebbe corso il rischio di scivolare”, come della risposta data in gioventù a un compagno insistente nel chiedergli il compito di greco “io te lo passo, ma sei sicuro che sia per il tuo bene ?…”. Ho voluto invece intrecciare un possibile dialogo a distanza (nel tempo e nei ruoli ormai assunti ) tra il papà e il figlio divenuto biblista e arcivescovo di Milano. E l’occasione è stata fornita dalla stessa sorella leggendo una lettera spedita nel settembre del 1944. Così scriveva allora il padre del cardinale al fratello Filippo:

(…) Per noi vi è una grande ma non troppo lieta novità: Carlo ha espresso l’intenzione di entrare nella Compagnia di Gesù, verso la quale già da parecchi anni si sentiva irresistibilmente attratto. Per quanto non troppo sorpreso dalla sua richiesta, tuttavia il pensiero di staccarmi per sempre da un ragazzo così buono e così caro mi rattrista profondamente. (…) Tramontano così le mie speranze di vedere mio figlio prediletto avviato ad una luminosa carriera di studio, quale il suo ingegno e la sua tenace volontà gli avrebbero consentito, confortata da una comoda esistenza materiale quale io gli andavo da lunghi anni preparando col mio lavoro e col mio affetto sconfinato.

Pare di vederlo quell’uomo che sul finire della guerra, quando le prime avvisaglie di un nuovo futuro lasciano intravedere opportunità di affermazione e successo, deve misurarsi con una scelta così diversa dalle sue aspirazioni . Una scelta che sembra negare le ambizioni di un intelletto che si sarebbe sicuramente affermato in ogni condizione di lavoro e di professione. Ma, in qualche misura, la risposta a suo padre verrà data dal diretto interessato in “Pensieri ad alta voce per dieci sere d’inverno”, anche questo un “libretto” indirizzato dal cardinale alla Diocesi di Milano nel 1990:

(…) Difendere un ragazzo dalle pretese del Vangelo sembra ad alcuni genitori un servizio alla sua speranza d’essere felice. Non si può neppure escludere che contribuisca a suggerire queste reazioni il timore di sentire vuota la casa e di non poter sopportare la lontananza, sia pure intermittente, di un ragazzo che con la sua vivace giovinezza, il suo stupore e la sua riconoscenza regala a tutti la gioia di vivere. Ma la verità è che tale proposta è soprattutto un invito a un itinerario spirituale che anche i genitori sono chiamati a percorrere (…) E lo Spirito di Dio sa moltiplicare la gioia e far crescere la speranza, così che chi si decide per un gesto di intelligente affidamento si persuade infine d’avere ricevuto una grazia.

A distanza di quasi cinquant’anni il figlio ha risposto a suo padre rivelandogli i suoi larghi orizzonti, consegnandoci le ragioni profonde della sua scelta così da aprire a tutti lo sguardo su un ragazzo particolarmente limpido.

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