Mi scrive Kurt, rimasto a presidiare la mia biblioteca, per dirmi che in questi giorni è stato colpito da alcune notizie di stampa che danno per imminente la revisione dei valori catastali, ma che il Governo Draghi avrebbe anche promesso che non procederà ad un aumento dell’IMU.
Comprendo che la questione – posta in questi termini – non è proprio chiarissima, così ho provato a chiarirgliela come segue.
Cos’è l’IMU? Mi ha chiesto infatti l’Extraterrestre e perché la revisione del catasto dovrebbe comportare un sostanzioso prelievo dalle tasche degli Italiani?
Visto che mi tocca spiegare anche al Marziano la nuova tegola che sta per abbattersi su noi contribuenti, tanto vale esporre qualche idea in proposito anche ai lettori di questo giornale.
Lo farò, ricordando a tutti noi che “l’Imposta Municipale Unica “(unica si fa per dire) fu una delle tante invenzioni del Governo Monti per svuotare le tasche dei contribuenti (e, naturalmente, anche per colpire gli evasori! Come se fosse semplice nascondere un immobile agli occhi del fisco), spergiurando che così voleva l’Europa: il salasso venne introdotto nell’ambito della cosiddetta manovra anticrisi del 2011 e vi confluirono l’Imposta Comunale sugli Immobili (ICI) e le altre tasse sui servizi comunali, ivi compresa la raccolta di quei rifiuti che deliziano il naso della gran parte degli abitanti delle città e dei quartieri più popolosi.
Voglio pure ricordare che queste altre imposte furono quasi immediatamente reintrodotte usando altri nomi e quindi altri acronimi; l’unico vantaggio era che lo 0,76 percento dell’aliquota standard poteva però esser calcolata su valori catastali obiettivamente obsoleti, per cui il sacrificio richiesto a ciascun contribuente appariva (seppur comunque gravoso) ancora sopportabile ed ulteriormente aggravabile, aggiungendovi altre imposte.
Quasi immediatamente dopo la sua approvazione, però, i famelici Comuni iniziarono subito a sollecitare -attraverso la loro associazione (l’ANCI) una revisione dei valori catastali, onde ottenere un parallelo aumento del gettito di ogni imposta che su quei valori si fondasse.
Sembra ora che quel tentativo sia finalmente destinato al successo, anche perché verrà confuso all’interno di una riforma fiscale che – stando alle dichiarazioni di (quasi) tutti i leader politici – dovrebbe risolversi in un abbattimento della pressione fiscale, ma – se il buongiorno si vede dal mattino – non credo che questo accadrà.
Le conseguenze? È facile immaginarle.
Intervenire con un aumento delle imposte sul nostro patrimonio edilizio – già depresso nei propri valori rispetto a una decina di anni fa, fino a quasi scontare prezzi di vendita più o meno dimezzati – avrà come principale conseguenza un ulteriore abbattimento di quei prezzi: è una considerazione tanto amara quanto elementare, ma è anche il biglietto da visita con cui il Governo dei Migliori si appresta ad armarsi per il momento in cui il nostro Paese dovrà restituire al bilancio europeo il danaro (che deve ancora ricevere) in base a quel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, anch’esso richiamato con un acronimo: PNRR.
I numeri del nostro debito pubblico sono sicuramente impietosi, ma questo modo di (tentare di) ridurli fa venire in mente l’immagine che soleva dare Winston Churchill ad ogni tentativo di ridurre il debito pubblico, attraverso l’aumento delle imposte.
Egli utilizzava, per opporsi a simili tentativi, l’immagine di un uomo che mette i piedi in un secchio e poi inizia a tirarlo su prendendolo per il manico: quel secchio – diceva Churchill – non si alzerà di un solo millimetro; il massimo che può accadere è che il suo manico, afferrato in quel modo, si spezzi
Questo esempio ho fatto a Kurt e Lui – che sta anche imparando a comunicare attraverso i Social – mi ha risposto con una sequela di faccine sghignazzanti.
Debbo aggiungere altro? Mi sembra proprio di no!