Gioca nella squadra di Enrico Letta da meno di un mese, non e’ il coach ma un giocatore che vuole fare la differenza centrando un obiettivo storico. Mauro Berruto, commissario tecnico degli azzurri del volley dal 2010 al 2015, adesso è in politica, ma lo sport resta una delle sue missioni di vita e continua a seguire quel percorso che lo ha portato alla guida della Nazionale, il massimo per un allenatore.
“Da ragazzo allenavo all’oratorio di San Bernardino, nel nostro borgo operaio.
Volevo mettere il naso al Cus Torino che era lì a due passi, così mi presentai con un progetto per il minivolley alle elementari. Ero un piazzista e mi aprirono: un sogno a km zero – racconta in un’intervista rilasciata a Repubblica -. Ogni sera andavo a guardare l’allenamento della prima squadra del Cus che allora dominava in Italia e all’estero. Dopo un pò, il coach Gabriele Melato mi fa: ‘Ehi, visto che sei sempre qui, dacci una mano con i palloni’. Poi mi passò una montagna di videocassette: ‘Prendi, studia’. Comincio’ cosi’. Conobbi Montali, diventai suo assistente, finché non mi arrivò l’incredibile proposta dalla Grecia”.
“Lo sport è una forma d’arte, forse con qualcosa in più: perché non ho mai visto la gente abbracciarsi e far festa dopo aver guardato la Gioconda o il Macbeth”.
Scrivere finalmente la parola sport nella Carta costituzionale è l’obiettivo che insegue adesso.
“Il tema è trasversale, non partitico: il diritto costituzionale allo sport, così come alla salute e all’istruzione, è la strada maestra per costruire un modello nuovo di cultura del movimento. Servono politiche pubbliche per garantire questo diritto: non deve ricadere tutto sull’associazionismo e sulle famiglie, cioè sui privati. E la scuola non può più chiamarsi fuori”, dice Berruto che non si riferisce solo all’Università, anzi: “Il nocciolo è la primaria, le vecchie elementari: è lì che nasce la passione per le cose e per il mondo. Ho studiato Costituzioni più giovani della nostra: per esempio quella greca, spagnola, svizzera e portoghese. Tutte prevedono politiche sportive pubbliche. Non e’ assistenzialismo, è ossigeno perché lo sport sta morendo di Covid”.
E per Berruto bisogna rianimarlo “con i fondi europei, con la defiscalizzazione per chi investe, con la correzione della legge di riforma che definisce i lavoratori e le lavoratrici dello sport, con i voucher alle famiglie da spendere in attività sportive. Molto si potrà fare già in questa legislatura. Vi assicuro che le nostre vite cambieranno”.