Torna sulle colonne de la Discussione la rubrica quindicinale “Crea Valore”. Risposte per comprendere l’evoluzione della situazione economica e scenari che si determineranno nel 2021. A dare indicazioni è Ubaldo Livolsi, economista, professionista di rilevo internazionale, esperto di finanza e progetti europei. Con Livolsi affrontiamo il tema del Recovery Plan, dei fondi Ue per il rilancio dell’economia nazionale. La visione del prof. Livolsi è chiara: “L’economia, come ricorda anche Papa Francesco, non può non essere che sostenibile. Questo termine non deve essere inteso nel nome di un ambientalismo ideologico, ma come inevitabile motore della crescita”, sottolinea Livolsi. Nell’intervista c’è spazio anche per le priorità del Paese e di come gestire il Recovery Found. “Può servire una guida mista politica/tecnica, con un ruolo importante dei Ministeri e con la supervisione della Presidenza del Consiglio”.
Buona lettura.
Prof. Livolsi, il Recovery Plan potrebbe essere un piano di rilancio della politica economica europea? Quali sono i “paletti” da rispettare affinché questo strumento dia l’efficacia sperata?
“Il Recovery plan è un progetto epocale che può spaventare per l’obiettivo e per come gestirlo, ma che sicuramente, vista la mole dell’investimento, è un’occasione non solo irripetibile, ma, alla luce degli effetti catastrofici pandemia di Covid-19, anche necessaria e doverosa. Sarebbe quasi immorale sprecare tale opportunità. Anche il contenuto programmatico, fare dell’Unione l’area più competitiva del pianeta a zero emissioni, è una scelta condivisibile. L’economia, come ricorda anche Papa Francesco, non può non essere che sostenibile. Questo termine non deve essere inteso nel nome di un ambientalismo ideologico, ma come inevitabile motore della crescita. Del resto, le sue declinazioni, gli investimenti green, l’innovazione e la digitalizzazione – oltre all’inclusione sociale – ben si coniugano con la ripresa. Il Green deal europeo è una meta che coinvolge tutti i comparti: trasporti, energia, edilizia, ICT e industrie di più settori, dall’acciaio al cemento dal tessile alla chimica, per citare le principali. A ciò si aggiunga – non bisogna dimenticarlo quando si parla di Recovery – che l’Europa ha allentato i vincoli di bilancio e il nostro Paese con gli ultimi decreti ha toccato un deficit di quasi 140 miliardi. Tutto debito che peserà sui nostri figli e nipoti. Anche per questo, l’Italia deve mettere in campo e dar prova del massimo dell’impegno, rispettando le regole imposte da Bruxelles e definendo progetti, mirati, specifici, monitorabili e misurabili nel tempo”.
Qual è il budget destinato all’Italia? E quale iter il Governo dovrebbe seguire per accedere subito entro il 2021 a questi fondi? Come scongiurare il rischio di far passare mesi di burocrazia europea?
“Il Next Generation EU stanzia per il rilancio delle economie europee complessivamente 750 miliardi (390 di sovvenzioni e 360 di prestiti). L’Italia, che ha appena presentato a Bruxelles la sua bozza di piano, quindi non definitiva – e che peraltro ha ricevuto dalla Commissione alcune richieste di maggiore approfondimento – è il principale destinatario di tali risorse, con 209 miliardi (82 a fondo perduto, 127 in crediti). Grande onore e impegno per l’Italia, ma anche responsabilità. La prova che è una sfida da far tremare le vene e i polsi è stata la polemica che è stato il casus belli che ha portato alla crisi del Governo Conte II. Mi riferisco alla cabina di regia per la gestione dei fondi, alla guida della quale il premier Giuseppe Conte voleva porre una squadra di manager. Evidentemente, pur sostenuto da me che sono fautore del libero mercato e del ruolo imprescindibile di manager capaci, non era l’idea migliore. Piuttosto può servire una guida mista politica/tecnica, con un ruolo importante dei Ministeri e con la supervisione della Presidenza del Consiglio, coadiuvata da pochi esperti, coinvolti nel coordinare e controllare l’efficacia delle misure prese. Vedremo che scelte farà il nuovo Governo. Il problema della burocrazia è duplice. Gli ostacoli più che essere posti dall’Europa, l’Italia se li crea da sola. Pensiamo a prima della pandemia, uno dei temi ricorrenti nel dibattito era il mancato utilizzo da parte dell’Italia dei fondi europei. È chiaro che c’erano dei limiti della capacità dei nostri uffici ad accedere a tali fondi, dovuti anche alla mancata comunicazione tra Stato e Regioni. Credo però che le nuove tecnologie e l’auspicato miglioramento della dialettica tra Roma e le istituzioni regionali miglioreranno la situazione”.
Quale, secondo Lei, il piano delle priorità in Italia?
“Il rilancio complessivo della nostra economia deve passare dall’aumento dei consumi, dall’innovazione e dalla digitalizzazione del sistema Paese. Si pensi a settori come l’edilizia, ma anche all’ industria, che dovrà convertire e digitalizzare i propri impianti produttivi convertendosi al cosiddetto 4.0. Si rifletta sulle infrastrutture strutturali come l’Alta Velocità, che dovrà essere diffusa in tutto il Paese, ma anche a quelle digitali per ridurre il digital divide, che ha frazionato l’Italia come in aree di serie A e B. Le nuove tecnologie e la digitalizzazione dovranno soprattutto intervenire sulla giustizia, la scuola e la sanità, che hanno raggiunto ritardi che sono ormai intollerabili per la competitività del nostro Paese e sull’attrattività degli investimenti stranieri. I finanziamenti del Recovery sono così elevati che si potrà innalzare il livello competitivo complessivo dell’Italia. Da ciò trarranno giovamento anche i nostri campioni, le nostre aziende gioiello, che continuano, a dire il vero con una certa difficolta in quanto zavorrate dallo Stato, a essere eccellenze competitive nel mondo e che sono oggetto di attrazione da parte di possibili acquirenti esteri”.
Quali sono le regole di valutazione dei progetti? Le linee guida europee non specificano se i “progetti” debbano essere nelle competenze delle pubbliche amministrazioni centrali dello Stato, delle regioni… potrebbero esserci ostacoli per la definizione di parametri di valutazione e dei criteri di scelta? inoltre quali dovrebbero essere le regole di monitoraggio?
“L’Unione europea prevede non solo l’approvazione, ma anche il monitoraggio di quanto indicato dai Piani nazionali, riservandosi anche di interrompere lo stanziamento dei fondi se gli impegni non saranno rispettati. Si tratta di un vero e proprio insieme di controllo gestionale. Anche l’Italia deve agire in quest’ottica, stimolando la volontà di collaborazione tra tutte le istituzioni in campo, penso per esempio ancora alle competenze che sono a carico delle Regioni, che inevitabilmente si sovrapporranno a quelle dello Stato centrale. Il passaggio successivo sarà la verifica della coerenza tra i progetti e la sua esecuzione, la congruità tra le aspettative e gli effetti. Il Recovery sarà utile anche perché servirà a fare un salto al nostro Paese in termini di visione strategica complessiva e capacità gestionale e manageriale dei progetti”.