lunedì, 18 Novembre, 2024
Editoriale

Quanta America di colorazione trumpiana nelle maglie dell’attuale politica italiana?

Le parole, da chi riveste funzioni pubbliche, vanno pesate, ponderate e dosate, potendo fungere anche da micce detonanti, come ci ha dimostrato il recente assalto al Campidoglio di oltre oceano.

Il dissenso con linguaggio presuntuoso, pretestuoso ed arrogante a modello di sfide muscolari non è espressione di democrazia. La violenza, anche verbale, è autodistruttiva comunque e sempre.

Siamo nell’epoca in cui assistiamo a manifestazioni del pensiero con le più eclatanti contraddizioni che spaziano, con estrema disinvoltura, tra sovranismo, populismo, giustizialismo e garantismo, mascherati ciascuno del proprio contrario, quasi scherzando un po’ troppo con la bella ma fragile e delicata democrazia, ereditata dai nostri avi col loro sacrificio della vita.

Ci si augura che vi siano nella maggioranza della nostra popolazione più che fondati motivi nel  ritenere esperienze da non dimenticare – ma da guardare con distacco –  quelle alle spalle, quali il ventennio fascista, il terrorismo, le stragi ed i fenomeni mafiosi e di criminalità organizzata, questi ultimi non ancora estirpati ma, al contrario, in continua espansione ed evoluzione.

Si sa che, in generale, i problemi non finiscono mai, ma in questa legislatura si rappresentano e si amplificano accompagnati da frequenti turbolenze e proteste di massa per il malcontento tra forze politiche che cercano consensi e visibilità facilitando lo stimolo a proteste di piazza, giustificate per il perdurante disagio sociale a causa della pandemia da COVID-19.

Al politico non è perdonabile trasgredire le regole del buonsenso e dell’etica che gli compete, cavalcando, con perniciosi metodi, pur rispettabili idee. Egli è pubblico ufficiale e gode di privilegi che, nell’esercizio delle proprie funzioni, non devono, comunque, travalicare i principi cardini del rapporto fiduciario e di credibilità. 

Il parlamentare è legato al popolo sovrano tramite l’esercizio del diritto di voto e, nella nostra Carta costituzionale, all’articolo 60 è detto che “La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica sono eletti per cinque anni.”

L’accordo tra i partiti è un dovere di civiltà per il perseguimento di un fine di interesse della collettività rappresentata. Non possiamo assistere a sfide muscolari o ad esternazioni di dottrine filosofiche economiche e giuridiche col pretesto dell’esclusivo ed urgente bene sociale da salvaguardare, con l’ultimatum del tipo: “ora o casa”. 

Ai parlamentari dissidenti si ricorda che gli adulti continuano a morire di pandemia, un medico, nell’esercizio delle sue funzioni, si è tolto la vita; i giovani hanno interrotto gli studi, i rapporti sociali sono stati banditi, la gente è senza lavoro, a casa: esce per fare la fila davanti alla Caritas, presso le associazioni di volontariato e le comunità religiose, mentre loro pensano a nuove elezioni per rafforzare i propri orticelli di consensi e di prebende, perché senza problemi economici, grazie alla lauta indennità mai più neanche rapportata a quella dei sindaci di città metropolitane, propagandata ai tempi della rottamazione.

La gente è stanca mentalmente, è demotivata e logorata psicologicamente e non può assistere od avallare, giornalmente, banali litigi, cambi di casacca e di partito. La democrazia è una cosa seria ed alcuni parlamentari la stanno mettendo alla berlina e tanti altri non si oppongono fermamente ad impedire che ciò avvenga. Anche i senatori a vita avrebbero tutte le prerogative per fare interventi energici e fungere da pompieri, sollecitando l’intero consesso politico a maggior senso di responsabilità collettiva.

Pretendere lo scioglimento del Parlamento a metà legislatura  è un atto di estrema scorrettezza e di offesa alla diligenza di chi ha esercitato il dovere civico del voto, con ulteriore sperpero di denaro pubblico. Evidentemente è stata già messa nel dimenticatoio la chiamata alle urne per il referendum del settembre scorso, in piena pandemia, per il capriccio dei 71 senatori della Repubblica  che hanno voluto coinvolgere gli elettori per la riduzione del numero dei parlamentari a valere dalla prossima legislatura. Uno spreco enorme di denaro sottratto alla sanità, alla scuola, alla formazione, alla ricerca,  alla sicurezza ed a quant’altro di necessario.

L’affidabilità della sicurezza nazionale in Italia è – per fortuna – ancora positivamente riconosciuta ed apprezzata proprio sulla base delle esperienze pregresse, facendo dei nostri servizi segreti e di tutti gli organi investigativi il fiore all’occhiello sia sul versante della prevenzione e sia su quello della repressione, cui il principio del garantismo caratterizza e rafforza la nostra democrazia.

Quelli che non apprezzano i valori della democrazia e della libertà evidentemente non hanno vissuto in alcuno dei delicati momenti suddetti e neanche forse si sono preoccupati od incuriositi ad informarsi attraverso le fonti qualificate, tra cui le più attendibili le leggi, ad iniziare dal dettato Costituzionale che sancisce all’articolo 11 il ripudio della guerra. Poi ne segue tutta quella serie di diritti e di doveri indicati nella Parte Prima (art.13-54) costituita dai “Rapporti civili “ quali la libertà personale, domiciliare, di corrispondenza, di circolazione, di associazione, di professioni religiose, di manifestazione del pensiero, garanzie dei diritti politici, della tutela giurisdizionale, del principio di legalità e della personale responsabilità penale. 

Non a caso l’imputato, infatti, non è considerato colpevole fino alla condanna definitiva (art.27) e la giurisdizione si attua mediante il garantismo insito nel giusto processo (art.111), vigendo, oltretutto, nel nostro ordinamento il principio del vincolo della obbligatorietà dell’azione penale (112).

E allora perché l’abitudine di criticare, con sdegno, l’attività dell’autorità giudiziaria ogni qualvolta è costretta a dare corso all’azione penale nei riguardi della classe politica o di imprenditori e professionisti  verso cui i politici sono (co)interessati per varie ragioni?

L’America, custode di una delle più antiche democrazie, a cui dobbiamo tanta riconoscenza, ha subito questo scossone molto pericoloso, colpita proprio al cuore, mentre era in atto la più nobile espressione di democrazia quale la seduta parlamentare per la convalida dell’elezione alla Casa Bianca del successore dell’attuale presidente, legittimamente eletto alla naturale scadenza del mandato.

Cosa ci aspettiamo in Italia visto affinità di percorsi e di comportamenti – alla luce delle numerose  questioni sul tappeto, sicuramente legittime ma non impellenti – corroborati di contrasti verbali e fisici  nei luoghi istituzionali e  nelle piazze? 

È oramai da quell’agosto del 2019, per non dire già dalla campagna elettorale del marzo 2018 che il clima politico sembra procedere nella direzione dell’esempio recente americano, con quattro irrequieti militesenti ed armi [s]puntate verso il Quirinale ed il Presidente del Consiglio perché alzino bandiera bianca.

Si pretende crisi di governo ed elezioni anticipate perché il popolo, nel segreto delle urne deve votare meglio, secondo i consensi che i sondaggi recenti mostrano, ignorando che il popolo, come prevede la Costituzione ha il diritto/dovere di votare ogni cinque anni.

Quanta America attuale c’è al momento nel nostro sistema politico non è compito facile per i comuni mortali. Sta di fatto che il modello di politica e di approcci alle problematiche non sono tanto dissimili. 

Anche in Italia c’è la mania di fare ragionamenti, discorsi o sintetiche interviste che portano a fare sognare tanta gente di vedere un uomo solo al comando – nel quale si deporrebbe sempre più fiducia, sicuramente ignorandone gli effetti non vissuti, per loro fortuna, per la giovane età – destituito dopo un lungo ventennio di “lacrime e sangue”.

I nostri Padri Costituenti, per prevenirne una eventuale ma possibile fiammata di ritorno, ne hanno voluto sbarrare la strada con uno specifico richiamo in Costituzione ed esattamente nella XII disposizione transitoria e finale, la quale dispone che:

“È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma del disciolto partito fascista.”

Non possiamo assecondare le tentazioni di alcuni parlamentari nei loro ambiziosi progetti mettendo a gambe in aria quel saldo bagaglio di democrazia, di libertà e di garantismo che la nostra Italia viva ha il pieno diritto di continuare a far godere a tutti e di trasmettere alle future generazioni.

La pretestuosa sollecitazione a crisi di governo e la voglia di nuove elezioni non sono segnali di forza della democrazia ma la strada maestra per indebolirla. 

 

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