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Sì alla giustizia e allo Stato di diritto

lunedì, 17 Novembre 2025
2 minuti di lettura

Il potere giurisdizionale è il più terribile dei poteri dello Stato: è l’unico dei tre poteri individuati da Montesquieu che, se non completamente autonomo, se asservito al potere legislativo o a quello esecutivo, determina l’inesistenza dello Stato di Diritto. Se non c’è lo Stato di diritto, se la magistratura non è completamente autonoma e separata dagli altri poteri, qualsiasi sistema diviene regime, qualsiasi cittadino retrocede a suddito, inerme di fronte a qualunque pretesa dello Stato.

“C’è un Giudice a Berlino” è la frase che un umile mugnaio pronunciò rivolto al re Federico II di Prussia, resistendo ad una sua prepotenza. Ed il giudice di Berlino, nella causa tra il mugnaio e lo Stato, diede torto a quest’ultimo, per nulla intimorito dal Re e dal potere che questi esercitava.

Si era nel XVIII secolo, il secolo dei Lumi: è anche questa è una grande luce accesa dalla nostra cultura europea.

Storia nella quale c’è anche uno dei problemi principali della giustizia: il mugnaio impiegò dieci anni per avere la sentenza. Lastoria non lo dice, ma nel frattempo, il suo mulino probabilmente era già in rovina.

Il referendum affronta solamente il problema dell’assoluta indipendenza della magistratura, anche da quella requirente, ma non quello della lentezza che rende spesso inefficaci ed inutili le soluzioni giudiziarie.

Quindi autonomia assoluta della magistratura, indipendenza dagli altri poteri. Ma anche indipendenza ed autonomia del magistrato giudicante da quello requirente.

È solo questo il quesito del referendum costituzionale.

Che riceverà un SÌ grande, grandissimo, perché la rispostapositiva è già insita nella nostra Costituzione. Ed è un SÌ necessario ad avviare un mutamento culturale. Mutamento che deve avvenire autonomamente e nell’interno della magistratura e che costituisce l’unico rimedio contro le disfunzioni della Giustizia: che nel nostro Paese sono tante e gravissime e che, negli ultimi anni, hanno portato ad un effetto gravissimo e negativo: la diminuzione del prestigio della magistratura stessa, la sfiducia nella giustizia.

La separazione delle carriere non è una riforma processuale, ma crea, finalmente, due magistrature autonome dagli altri poteri dello Stato, ma autonome anche una dall’altra.

Il magistrato requirente sarà la parte processuale contrapposta alla persona oggetto del processo. Sarà sullo stesso piano dell’avvocato difensore e non sarà collega del magistrato giudicante. Con quest’ultimo non avranno alcun interesse in comune, avendo anche un separato consiglio superiore.

Sembra poca cosa, ma non lo è: da avvocato civilista quale sono, mi rifiuterei, ad esempio, a partecipare ad un giudizio con avversario un collega che dà il “tu” al giudice. Chiederei al giudice di astenersi o proporrei un procedimento di ricusazione.

La riforma processuale – di entrambi i processi, penali e civili, ambedue oggi allo sfascio assoluto – deve conseguire ad un differente atteggiamento culturale. Che per forza di cose deve partire dalla magistratura (giudicante), ma che deve coinvolgere anche gli avvocati che dovranno fare la loro parte.

Il compito principale dell’avvocato è quello di portare davanti al giudice solamente casi ben meditati e con un forte fondamento, evitando di affollare le aule con procedimenti inutili e pretestuosi, basati magari su mere confetture, su teoremi indimostrabili.

In questo, ogni avvocato, ha un compito analogo a quello del magistrato requirente: valutare attentamente prima del processo la fondatezza giuridica del caso proposto e anche le prove a favore dell’altra parte.

Valutazione che, nel magistrato requirente, troverà un limite (a volte un alibi) nell’obbligatorietà dell’azione penale, che pone il PM di fronte ad una mole impossibile di fascicoli. È un fatto, comunque, che in molte Procure vengono indicati i reati ai quali dare priorità nella trattazione: quindi una proposta di riforma sul punto potrebbe arrivare anche dall’interno.

Ma mi fermo qui, senza allargare ulteriormente il discorso.

Il SÌ al referendum costituzionale sulla separazione delle carriere porterà, col tempo necessario, una differente cultura all’interno della magistratura. Da qui potranno nascere le riforme che, forse – se stabilite congiuntamente da una collaborazione onesta ed in buona fede delle due magistrature e dell’Avvocatura – potranno lentamente portare al giusto processo: che non è altro che la tutela del cittadino da parte del giudice di Berlino, di fronte ad accuse o richieste finanche da parte del Re.

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