Il governo laburista britannico ha annunciato una stretta storica sulle politiche d’asilo, riducendo drasticamente le tutele per i rifugiati. La ministra degli Interni Shabana Mahmood ha confermato che lo status di rifugiato passerà da 5 anni a soli 30 mesi, con revisioni periodiche, mentre l’attesa per richiedere la residenza permanente sarà estesa da 5 a 20 anni. “Metterò fine al ‘golden ticket’ del Regno Unito per i richiedenti asilo,” ha dichiarato Mahmood, sottolineando l’intenzione di rendere meno automatico e duraturo l’accesso alla protezione internazionale. Le nuove misure, anticipate dalla BBC e ora ufficializzate, segnano un netto inasprimento rispetto alle politiche precedenti e si ispirano al modello danese, già noto per la sua linea dura in materia migratoria. Secondo il Ministero degli Interni, lo status sarà soggetto a revisione regolare e potrà essere revocato se il Paese d’origine del rifugiato verrà ritenuto “sicuro”. In tal caso, le autorità britanniche potranno ordinare il rimpatrio, anche contro la volontà del beneficiario. La cittadinanza, già difficile da ottenere, diventa così un traguardo quasi irraggiungibile per migliaia di persone. La decisione arriva in un contesto di forte pressione sul sistema migratorio: oltre 111.000 richieste di asilo sono state registrate nei primi sei mesi del 2025, con un aumento significativo degli arrivi via mare attraverso la Manica. Il governo Starmer punta a contenere il flusso e a ridurre i costi dell’accoglienza, ma le critiche non mancano. ONG e associazioni per i diritti umani parlano di “misure punitive” e di “un attacco al diritto d’asilo”. Amnesty International ha definito la riforma “un passo indietro per la protezione dei più vulnerabili”, mentre il Consiglio britannico per i rifugiati ha avvertito che “la precarietà diventerà la norma”. Il pacchetto sarà presentato in Parlamento lunedì, ma il dibattito è già acceso. E mentre Londra si chiude, l’Europa osserva.



