Sono, questi, numeri che fanno spavento: nel 2024 5,8 milioni di italiani, pari in soldoni al 9,9% della popolazione, hanno rinunciato a curarsi a causa delle liste d’attesa troppo lunghe, delle difficoltà economiche o della scarsa accessibilità delle strutture sanitarie. Lo ha reso noto ieri il Presidente dell’Istat Francesco Maria Chelli in audizione davanti alle Commissioni Bilancio di Senato e Camera, definendo i dati “un segnale d’allarme che non può essere ignorato”. Nel 2023 la quota di chi aveva rinunciato alle cure era del 7,6%, pari a 4,5 milioni di persone: in un solo anno, dunque, il fenomeno è aumentato di 1,3 milioni di individui.
“La rinuncia dovuta alle liste d’attesa costituisce la motivazione principale ed è indicata dal 6,8% della popolazione, in crescita rispetto al 4,5% del 2023 e al 2,8% del 2019. È un incremento costante che attraversa tutte le aree del Paese: il problema riguarda il 6,9% dei residenti nel Nord, il 7,3% nel Centro e il 6,3% nel Mezzogiorno. Cinque anni fa le percentuali erano molto più basse: rispettivamente 2,3%, 3,3% e 3,1%” ha spiegato Chelli
“Fenomeno strutturale”
Il Presidente dell’Istituto di statistica ha sottolineato che le liste d’attesa rappresentano “la componente che ha fatto registrare l’aumento maggiore negli ultimi anni. Questi dati devono essere letti come un indicatore della pressione crescente sul Servizio sanitario nazionale. Le disuguaglianze territoriali e le difficoltà di accesso, aggravate dall’inflazione e dalla carenza di personale, rischiano di trasformare la salute in una questione di reddito e di residenza”. Chelli ha richiamato la necessità di “rafforzare la capacità di risposta del sistema pubblico”, ricordando che la domanda di cure non soddisfatta è “un costo sociale che incide sulla qualità della vita e sulla fiducia dei cittadini nelle istituzioni”.
“Emergenza nazionale, servono soluzioni concrete”
I dati Istat hanno acceso il confronto politico. Per Gianluca Giuliano, Segretario nazionale dell’UglSalute, si tratta di “un aumento drammatico che conferma la profonda crisi del nostro Servizio Sanitario Nazionale. La principale causa resta l’allungamento delle liste d’attesa, una vera emergenza che da anni denunciamo. Serve un cambio di passo immediato: le difficoltà organizzative, la carenza di personale e le differenze territoriali lasciano milioni di cittadini senza risposte”.
Duro anche il commento della Segretaria del Pd Elly Schlein: “È grave che il 10% degli italiani rinunci alle cure, o perché le liste sono troppo lunghe o perché non hanno i soldi per farlo. Meloni risponda a questi 6 milioni di italiani”. Anche Matteo Renzi (Italia Viva) ha parlato di “sconfitta più grande per un governo” e ha chiesto al Premier di “venire in Parlamento per affrontare insieme l’emergenza”. La Vicepresidente del Senato Mariolina Castellone (M5S) ha parlato di “denuncia senza appello” e ha sottolineato che “mentre il governo celebra i numeri di bilancio, quasi il 10% della popolazione non riesce ad accedere a visite ed esami”.
“Più fondi e risultati concreti”
Dal fronte del Governo sono arrivate invece rivendicazioni e accuse di “strumentalizzazione politica”. Il Senatore Franco Zaffini, Presidente della Commissione Salute del Senato (FdI) ha ricordato che “a fine legislatura il governo avrà immesso oltre 30 miliardi di euro nel Fondo Sanitario Nazionale”, passato “da 125 miliardi nel 2022 a 134 nel 2024, con una previsione di 142,9 miliardi nel 2026. È la prova della volontà di garantire l’accesso alle cure a tutti. Il tema oggi non è solo la quantità delle risorse, ma la qualità della spesa e la capacità di ridurre i tempi d’attesa”. Sulla stessa linea Antonio Gabellone, Deputato di Fratelli d’Italia, che ha sottolineato come “il problema delle liste d’attesa affondi le radici nelle scelte del passato, quando la sinistra ha tagliato posti letto e bloccato il turnover”.



