Mentre ieri, secondo fonti ospedaliere, almeno 21 palestinesi sono stati uccisi negli attacchi israeliani nella Striscia, il gabinetto di sicurezza israeliano ha approvato, al termine di una riunione di dieci ore, il piano del primo ministro Benjamin Netanyahu per la conquista e l’occupazione totale di Gaza City.
L’operazione, che secondo fonti interne all’Idf prevede lo sfollamento di circa un milione di civili palestinesi, dovrà concludersi entro il 7 ottobre 2025, anniversario dell’attacco di Hamas nel sud di Israele. Secondo la nota diffusa dall’ufficio del premier, l’esercito garantirà assistenza umanitaria ai civili al di fuori delle zone di combattimento.
Tra i cinque principi approvati dal governo: lo smantellamento dell’arsenale di Hamas, la smilitarizzazione della Striscia, il ritorno di tutti gli ostaggi, vivi o deceduti, il controllo della sicurezza da parte di Israele e la creazione di un’amministrazione civile alternativa, “né Hamas né l’Autorità nazionale palestinese”.
Ma il capo di stato maggiore Eyal Zamir ha messo in guardia: “Non esiste risposta umanitaria per un milione di persone che sposteremo. E toglierei il ritorno degli ostaggi dagli obiettivi della guerra”. Secondo fonti militari, nell’operazione verrà imposto un assedio ai miliziani rimasti in città.
Reazioni interne
Il leader dell’opposizione Yair Lapid ha definito la decisione “un disastro” che prolungherà il conflitto, causerà la morte degli ostaggi e costerà “decine di miliardi” ai contribuenti. Il Forum delle famiglie degli ostaggi parla di “condanna a morte” per i propri cari e di “imperdonabile negligenza morale e di sicurezza”.
Hamas, Egitto e mondo arabo
Hamas ha promesso che la popolazione “continuerà a ribellarsi all’occupazione” e che “l’aggressione non sarà una passeggiata”. L’Egitto, secondo il quotidiano libanese Al-Akhbar, avrebbe avvertito Washington che l’operazione rischia di spingere Hamas a giustiziare gli ostaggi. L’Arabia Saudita ha accusato Israele di “carestia” e “pulizia etnica”.
Condanne internazionali
L’Alto commissario Onu per i diritti umani Volker Türk ha chiesto a Israele di fermare immediatamente il piano, giudicandolo “in contrasto con la sentenza della Corte internazionale di Giustizia” e destinato a provocare “sofferenze indicibili”. Il premier britannico Keir Starmer lo ha definito “un errore” che “porterà solo altro sangue”.
Berlino ha annunciato lo stop alle forniture di armi destinate a operazioni nella Striscia. “Israele ha diritto a difendersi, ma l’offensiva prevista complica il raggiungimento degli obiettivi e impone maggiori responsabilità verso i civili”, ha dichiarato il cancelliere Friedrich Merz. La Cina ha ribadito che “Gaza appartiene al popolo palestinese” e ha chiesto lo stop immediato delle azioni militari.
La tensione con Washington
Secondo la Nbc News, il 28 luglio il presidente statunitense Donald Trump avrebbe avuto una telefonata tesa con Netanyahu, interrompendolo e urlando dopo che il premier aveva definito “inventate” da Hamas le notizie sulla fame a Gaza. L’ufficio del premier israeliano ha bollato il racconto come “fake news”.
Cisgiordania
Il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich ha dichiarato di voler ristabilire insediamenti evacuati nel 2005 per “cancellare lo Stato palestinese” e prevenire nuovi attacchi. Dal fronte palestinese, il presidente Abu Mazen ha denunciato l’operazione come “crimine in violazione del diritto internazionale” e “catastrofe umanitaria senza precedenti”, chiedendo a Trump di fermare Netanyahu.