È bufera sulla decisione della Giunta regionale del Veneto di assumere, in via temporanea, medici specialisti con titoli conseguiti all’estero, ma non ancora riconosciuti in Italia. A sollevare critiche durissime è lo Smi – Sindacato dei medici italiani, che in una nota congiunta firmata da Liliana Lora, Segretario Regionale Smi Veneto e Vice Segretario Vicario Nazionale, Fabiola Fini, Vice Segretario Nazionale Smi, e Alberto Pozzi, Presidente Smi Veneto, definisce la scelta “sbagliata e pericolosa”. “Una decisione che svilisce il lungo e rigoroso percorso formativo dei medici italiani, con il concreto rischio di compromettere la qualità dell’assistenza e la sicurezza dei cittadini”, denunciano i rappresentanti del sindacato. “Una scelta che può generare gravi conseguenze sanitarie e legali per le aziende ospedaliere”.
Secondo lo Smi, la Regione Veneto sta cercando di tamponare in modo improvvisato una crisi che essa stessa ha contribuito a creare, ignorando per anni le richieste dei professionisti e lasciando irrisolti i nodi strutturali della sanità pubblica.
Disinteresse
“Gli incontri sull’Accordo integrativo regionale sono rimasti fermi per un anno e mezzo. Solo ora si tenta un confronto, ma è troppo tardi per colmare i danni di anni di disinteresse”, affermano Lora, Fini e Pozzi. Il sindacato accusa la Regione di aver trascurato il ricambio generazionale, non sostituendo i pensionamenti, imponendo turni insostenibili e ignorando l’urgenza di un adeguamento salariale. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: liste d’attesa sempre più lunghe, Pronto Soccorso al collasso, medici che abbandonano il pubblico per il privato o il lavoro “a gettone”.
Secondo dati IRES, nel solo 2023 il Veneto ha perso 807 medici ospedalieri, molti dei quali sotto i 50 anni. Le ragioni? Non pensionamenti né malattie, ma dimissioni per insostenibilità del lavoro.
“Burocrazia opprimente, burnout crescente, stipendi inadeguati, ambienti insicuri e carichi di lavoro ingestibili stanno affossando la sanità pubblica”, denuncia lo SMI. “Senza un cambio di rotta immediato, il sistema rischia il tracollo”.
La richiesta
Il comunicato si conclude con una richiesta forte al governo e alle Regioni: cancellare i tetti di spesa in sanità, rilanciare la programmazione, investire sulla valorizzazione dei medici e completare la riforma della responsabilità professionale con l’introduzione dello scudo penale.
“Non servono scorciatoie né soluzioni d’emergenza. Serve rispetto per i professionisti, politiche lungimiranti e il coraggio di difendere un servizio sanitario pubblico oggi in grave pericolo. La salute non può essere oggetto di compromessi”.