Ieri il Papa ha compiuto un gesto simbolico e di grande impatto sociale: l’apertura della seconda Porta Santa dell’Anno Santo presso il carcere di Rebibbia, a Roma. Davanti a una platea di 300 tra detenuti, agenti penitenziari e autorità, tra cui il Ministro della Giustizia Carlo Nordio, il Pontefice ha celebrato la Santa Messa, lanciando un messaggio di speranza, riconciliazione e giustizia sociale. “Ho voluto che la seconda Porta Santa fosse qui, in un carcere” ha spiegato Bergoglio, facendo presente di come questo gesto rappresenti un invito a spalancare le porte del cuore. “La speranza non delude mai. Anche nei momenti difficili, dobbiamo aggrapparci alla corda della speranza, che è la nostra ancora sicura”. Francesco ha ricordato ai presenti che aprire la Porta Santa non è solo un atto simbolico, ma un’occasione per riflettere sulla necessità di mantenere il cuore aperto, anche nelle situazioni più complicate della vita.
Durante la celebrazione, ha posto l’accento sull’importanza della speranza come motore per superare le difficoltà personali e sociali: “Quando il cuore si chiude, si indurisce come una pietra. Solo un cuore aperto può accogliere la fratellanza e costruire un futuro migliore”.
Francesco ha anche richiamato l’attenzione sul tema della giustizia e del perdono. Nella bolla giubilare, ha sottolineato l’importanza di misure come l’amnistia o il condono della pena, strumenti che possono rappresentare un passo verso una giustizia più umana e misericordiosa. L’iniziativa è stata accolta con favore dai radicali, che l’hanno definita un atto di “buon governo”.
L’appello per la pace
Dopo l’apertura della Porta Santa e la celebrazione della Messa, il Papa si è affacciato dalla finestra del Palazzo Apostolico per l’Angelus, lanciando un accorato appello per la pace mondiale. “Basta colonizzare i popoli con le armi. Lavoriamo per il disarmo, contro la fame, contro le malattie e contro il lavoro minorile”. Il Pontefice ha poi elencato i conflitti che attualmente affliggono il mondo, chiedendo preghiere per l’Ucraina, Gaza, Israele, Myanmar, il Nord Kivu e tanti altri paesi devastati dalla guerra. “Preghiamo per favore per la pace nel mondo intero. Non possiamo ignorare la sofferenza di milioni di persone vittime della violenza”.
La figura di Santo Stefano
Nel giorno di Santo Stefano, primo martire cristiano, Bergoglio ha ricordato il suo esempio di fede e perdono. “Stefano ha pregato per i suoi persecutori, dimostrando che la forza del perdono supera ogni violenza. Anche oggi, tanti cristiani sono perseguitati per la loro fede, ma continuano a testimoniare l’amore di Dio anche nei confronti di chi li fa soffrire”. Un messaggio di riconciliazione e fede da colleare alla necessità di costruire una società più giusta e solidale, capace di mettere al centro la dignità di ogni individuo.
La remissione dei debiti e il sostegno ai più deboli
Tra le iniziative giubilari, il Papa ha promosso la campagna di Caritas Internationalis ʼTrasformare il debito in speranzaʼ, volta a sostenere i paesi oppressi da debiti insostenibili: “La remissione dei debiti è un atto che collega la giustizia economica alla pace. Non possiamo costruire un mondo migliore se permettiamo che intere nazioni siano schiacciate dal peso del debito e dell’ingiustizia”.
Concludendo la giornata, il Papa ha rinnovato il suo invito a vivere il Giubileo come un momento di grazia e trasformazione, non solo per i credenti, ma per l’umanità intera: “Ogni porta che spalanchiamo è un simbolo di speranza e di riconciliazione. Che questo Anno Santo possa essere un segno di pace e fraternità per tutti”.