Serve più informazione per il progetto pilota, condotto dal Ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità, decollato da qualche mese in Lombardia, Marche, Campania e Sardegna, dove si realizzerà la prima fase propedeutica del programma di screening per verificare la sostenibilità da parte del Servizio Sanitario Nazionale, le potenzialità e le criticità organizzative nonché i costi-benefici di uno screening più ampio su scala nazionale come previsto dalla legge 130 di settembre dello scorso anno.
Nelle quattro regioni selezionate occorrerebbe, infatti, innanzitutto intensificare l’azione di sensibilizzazione nei confronti dei Pediatri di Libera Scelta chiamati ad aderire allo studio con il compito di reclutare su base volontaria bambini di 2,6 e 10 anni ai quali saranno misurati gli autoanticorpi relativi al diabete di tipo 1 e alla celiachia e sarà valutata la presenza di due varianti genetiche che si associano a queste due patologie.
I risultati verranno raccolti dall’ISS e valutati da uno specifico Osservatorio istituito dalla legge presso il Ministero della Salute. Per la realizzazione del progetto è stata stabilita per il 2024 e il 2025 una spesa di 3,85 milioni di euro annui e di 2,85 milioni a decorrere dal 2026.
I dati epidemiologici raccolti nella Relazione Ministero della Salute del 2021 evidenziano che la celiachia colpisce in Italia circa l’1% della popolazione generale, soprattutto le donne che rappresentano il 70% dei casi registrati in Italia ogni anno, circa 9000.
Sebbene la patologia interessi principalmente gli adulti (88,69%), è diffusa anche nella fascia di età 3,5-10 anni (10,27%) e 12 mesi-3,5 anni (1,025) e, seppure in minima percentuale, anche i neonati da 6 mesi a un anno di età.
I dati relativi al diabete, invece, una delle più comuni malattie croniche infantili, sono assolutamente preoccupanti. Secondo l’International Diabete Federation, è diabetica circa il 10% della popolazione adulta mondiale. Sono circa 1,2 milioni (1 su 350) i bambini e gli adolescenti, di età inferiore ai 19 anni, che vivono con il diabete di tipo 1.
Si tratta della forma più comune che rappresenta i due terzi dei nuovi casi nei bambini di tutte le etnie con una incidenza aumentata sotto i 5 anni. Si manifesta solitamente tra i 4 e i 6 anni oppure tra i 10 e i 14 anni. In Italia i diabetici di tipo 1 sono complessivamente circa 300 mila. L’incidenza è in costante aumento nei bambini, soprattutto nei maschi. Ogni anno 12,6 bambini su 100 mila si ammalano, nel 25-40% dei casi la malattia esordisce con una chetoacidosi diabetica potenzialmente letale.
“La legge 130 del 2023 guarda al futuro: abbiamo avuto la consapevolezza di dover intervenire e la comunità scientifica internazionale ce lo riconosce, ha sottolineato Giorgio Mulè, vice presidente della Camera dei Deputati e primo firmatario della normativa in vigore. Gli articoli sulle riviste più prestigiose, come Lancet e Science, lo hanno certificato. “
Il diabete di tipo 1, è una malattia autoimmune, la cui causa è parzialmente sconosciuta e che non si può né prevenire, né curare. Una malattia, che nonostante i progressi delle terapie e delle tecnologie a supporto della gestione, compromette pesantemente la vita di chi ne è affetto. Una malattia silente e invisibile, che in Italia colpisce circa 300 mila persone, ma che è sconosciuta ai più e spesso confusa con il più diffuso diabete di tipo 2, con il quale ha nulla a che fare per eziopatogenesi, gestione clinica e impatto sulla quotidianità del malato e della sua famiglia. Così viene indicato dalla Fondazione Italiana Diabete.
Per la celiachia, secondo studi recentemente pubblicati viene evidenziato che diagnosi precoci ed interventi tempestivi, grazie ai test sugli anticorpi, riducono fortemente i rischi acuti e possono prevenire complicazioni potenzialmente letali. L’identificazione precoce è utile sia per la cura dei sintomi sia per la prevenzione delle complicanze a lungo termine che possono insorgere nei casi non riconosciuti.
Relativamente al diabete gli esperti sostengono che lo screening di massa è un modo totalmente diverso di approcciarsi alla malattia, in quanto non si basa sui segni del diabete, come elevati valori glicemici nel sangue, ma sempre su autoanticorpi che segnalano attacchi immunitari alle cellule che secernono insulina nel pancreas.
Una volta che il bambino si ammala di diabete conclamato e generalmente necessita di una terapia sostitutiva con insulina, quelle cellule vengono distrutte. I dati disponibili evidenziano che quasi il 45% dei bambini con almeno due tipi di questi autoanticorpi sviluppa il diabete conclamato entro 5 anni e quasi il 100% lo contrarrà nel corso della vita.
Sebbene non esista alcun modo per prevenire il diabete di tipi risultati degli studi sinora condotti suggeriscono che lo screening può aiutare a prevenire la chetoacidosi diabetica, uno squilibrio metabolico che colpisce quando l’insulina scende a valori troppo bassi ed il corpo, incapace di metabolizzare lo zucchero, inizia a scomporre il grasso per produrre energia.
Si tratta di una condizione clinica che lascia danni permanenti e mette in pericolo la vita del bambino. Ovunque nel mondo, secondo i dati epidemiologici, dal 20% al 70% dei bambini al momento della diagnosi presenta chetoacidosi e richiedono il ricovero in una unità di terapia intensiva pediatrica presentando talvolta edema cerebrale, shock e perdita di coscienza.