giovedì, 19 Dicembre, 2024
Salute

Disabilità mentale e lavoro, una riforma per eliminare lo stigma di questa patologia

Fondazione Progetto Itaca ha inviato una lettera al ministro per le disabilità Alessandra Locatelli e al capo di Gabinetto del ministero Maurizio Borgo per chiedere che la disabilità psichiatrica venga considerata alla pari delle altre forme di disabilità. “L’inserimento lavorativo di una persona con disagio psichiatrico non è paragonabile ad altri tipi di inserimento e ha una sua specificità. È una malattia biopsicosociale con una componente biologica, psicologica e sociale. Una persona con una problematica mentale deve essere avviata al lavoro con un percorso adeguato”, spiega Felicia Giagnotti, presidente di Fondazione Progetto Itaca. “A livello legislativo è riconosciuta come disabilità ma non è rappresentata nell’Osservatorio delle disabilità, esistente presso il Ministero per la disabilità. Negli anni passati, Progetto Itaca ha affrontato il problema dell’inclusione lavorativa di persone con disabilità psichiatrica attraverso la sinergia con aziende amiche della nostra associazione motivate a sostenerci nell’inserimento”, aggiunge.

La legge 68/99

Ecco perché “la malattia mentale deve essere inserita in tutti i tavoli di lavoro in cui si legifera sulla e per la disabilità. Chiediamo di entrare a fare parte dell’Osservatorio delle disabilità, e di poter contribuire alla riforma della legge 68/99 messa in programma dalla ministra delle disabilità Alessandra Locatelli in collaborazione con il ministro del Lavoro”, sottolinea Giagnotti. Da sempre constatiamo che la disabilità psichiatrica è vittima di uno stigma sociale che considera i disturbi psichici come una malattia inguaribile e pericolosa. Progetto Itaca da anni è impegnata per combattere tali pregiudizi attraverso una comunicazione corretta sulla malattia mentale e la sensibilizzazione della società tutta. Grazie ai progressi delle neuroscienze, della farmacologia, la malattia mentale oggi può e deve essere curata allo scopo di fornire alla persona malata la concreta possibilità di reintegrarsi e reinserirsi nella vita sociale. Il nostro è un modello strutturato ed efficace come si evince dai dati da noi raccolti. Vorremmo per questo essere ascoltati come associazione del Terzo Settore il cui operato sul territorio è ben riconosciuto”, conclude.

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