Un gruppo di ricercatori coordinato da Ana Pombo, biologa molecolare responsabile del laboratorio Epigenetic Regulation and Chromatin Architecture, in collaborazione con i ricercatori della Federico II del Dipartimento di Fisica, hanno avviato uno studio per comprendere meglio l’organizzazione spaziale e la regolazione del genoma: prende il nome di Genome Architecture Mapping (GAM) ed è la nuova tecnica che consentirà di determinare l’interazione del DNA all’interno di ogni singola cellula, allo scopo di rendere meno ostruttiva la realizzazione da parte degli scienziati le origini delle malattie.
Le nuove frontiere
La tecnica Gam consente nello specifico di congelare e studiare le modalità di interazione tra sequenze regolatorie e geni. Gli scienziati prelevano centinaia di sottili fette di nuclei, ciascuno proveniente da singole cellule, e ne estraggono il DNA, sequenziandolo, per capire quali regioni sono interessate dall’interazione. Per la sua capacità di rilevare funzioni e dinamiche complesse, precedentemente inaccessibile nel ripiegamento del genoma 3D e i suoi ruoli nella regolazione genica, la tecnica Gam fa da apripista a nuove strade per l’interpretazione funzionale e meccanicistica della sequenza del genoma e la scoperta di nuovi bersagli che guidano malattie genetiche complesse.
I successi della ricerca
Le mappe genetiche sono state utilizzate con successo per trovare il gene responsabile di malattie ereditarie monogeniche relativamente rare come la fibrosi cistica e la distrofia muscolare di Duchenne. Le mappe genetiche sono anche utili per guidare gli scienziati verso i numerosi geni che si ritiene svolgano un ruolo nello sviluppo di disturbi più comuni come l’asma, le malattie cardiache, il diabete, il cancro e le condizioni psichiatriche.
Sfida alle malattie
Per produrre una mappa genetica, i ricercatori raccolgono campioni di sangue o di tessuto da membri di famiglie in cui è prevalente una determinata malattia e, utilizzando varie tecniche di laboratorio, gli scienziati isolano il DNA da questi campioni (chiamati anche marcatori) e lo esaminano alla ricerca di modelli unici che si vedono solo nei membri della famiglia che hanno sviluppato la malattia.