Le date dei prossimi confronti ci sono mentre sui contenuti si prospettano nuove ipotesi che i tecnici del Ministero del lavoro mettono a punto. Il percorso della riforma della previdenza resta in salita ma ora a scaglionare gli appuntamenti ci sono i temi: pensione di garanzia per i giovani, poi il controverso dossier della flessibilità in uscita e degli esodi. Su Opzione donna si sono intensificate, in queste ore, le ipotesi su soluzioni maggiormente favorevoli alla platea di lavoratrici. Un cambio nella direzione voluta dai sindacati e dei comitati spontanei, per ripristinare le agevolazioni di Opzione donna in vigore nel 2022.
L’Osservatorio previdenziale
La data ultima del tavolo Governo-sindacati è prevista per il 18 settembre. Subito dopo sarà fatta una sintesi e la riforma dovrà passare sotto la lente del Ministero dell’economia e finanze perché ogni innovazione e decisione sarà incrociata con le risorse da mettere in campo. La cautela del Governo si muove sul crinale instabile dei conti. Toccherà all’Osservatorio sulla spesa previdenziale – strumento tecnico voluto dal ministro del Lavoro, Marina Calderone e dalla presidenza del consiglio Consiglio -, presentare i conti che poi saranno la base della riforma che verrà inserita nella prossima legge di Bilancio.
Passi avanti ci sono
Dopo lo stop di quattro mesi, da febbraio al 26 maggio data in cui è ripreso il dialogo, alla presenza dei leader sindacali, del premier Giorgia Meloni e delle Associazioni di categoria, il prossimo appuntamento è previsto per l’11 luglio. Sul tavolo ci sarà il tema – a cui è stata data la priorità come rischio di futura “bomba sociale – della “pensione di garanzia per i giovani”. Questione che i sindacati hanno particolarmente a cuore al pari della “flessibilità in uscita” e degli “esodi incentivati”, proposte che saranno affrontare il 18 luglio.
Si salterà agosto mentre con settembre si terrà una prima valutazione finanziaria sui costi delle misure della riforma, ossia “pensione di garanzia giovani” e “flessibilità in uscita”. L’impatto economico della prima trance della riforma sarà resa nota il 5 settembre quando a parlare saranno i tecnici dell’Osservatorio sul monitoraggio della spesa previdenziale. Il cammino della riforma, con la scrematura delle proposte e dell’impatto sui conti dell’Inps, si concluderà il 18 settembre. Per questa data si tireranno le somme in vista della definizione della prossima legge di bilancio. Tra i temi da definire, c’è quello del tavolo tecnico sulla previdenza complementare.
Opzione donna, le ipotesi
Al pacchetto previdenza sarà collegato Opzione donna, che procede su un binario diverso. La misura fino al 2022 permetteva l’uscita anticipata delle lavoratrici con diverse agevolazioni. Il Governo ha posto con la legge di Bilancio del novembre 2022 restrizioni che hanno ridotto significativamente la platea delle donne interessate, paletti contestati da Cgil, Cisl e Uil e dai partiti della opposizione. Opzione donna sarà di nuovo cambiata e ampliata. L’agevolazione potrebbe portare al ripristino dei requisiti ante legge di Bilancio, e quindi come era prima: 58 anni d’età, 59 per le lavoratrici “autonome”, e un minimo di 35 anni di contributi. Soluzione chiesta dai sindacati e dalle opposizioni e che non è avversata dalla ministra del Lavoro, Marina Calderone. Questo ritorno al passato resta tuttavia problematico, perché non poterebbe nulla di nuovo nell’ambito della riforma che il Governo vuole portare a compimento.
Lavoratrici, le due possibilità
L’idea di un cambio di Opzione donna prevede benefici rivolti a una platea più ampia.
Secondo le prime indiscrezioni ci sarebbe la possibilità per le lavoratrici accedere alla pensione con una soglia anagrafica minima di 60 anni. Ma ampliando la platea che prima era riservata a caregiver, invalide civili in misura pari o superiore al 74% e lavoratrici “licenziate”. La soglia dei 60 anni e 35 di contributi, è una opzione che taglia via la contestata e ritenuta incostituzionale idea del ”criterio dei figli”: età pensionabile ridotta di un anno per ogni figlio, per un massimo di due anni. La seconda ipotesi sulla quale si discute, che appare quella in grado di riuscire a prendere il via libera, prevede il ricorso a un modello simile a quello dell’Anticipo pensione sociale, la cosiddetta “Ape sociale”, in questo caso ci sarebbe per le lavoratrici una riduzione di due-tre anni, perché Ape sociale permette ora di andare in pensione a 63 anni. Per le donne si aprirebbe la possibilità di uscire dal lavoro a 60 anni. La definizione delle opzioni è attesa dai sindacati entro luglio. Perché sempre nelle prossime settimane il Governo dovrà dire come mettere mano non solo su Opzione donna e sulla previdenza femminile, ma dovrà chiarire cosa intenda fare per il capitolo “lavori gravosi”.
Il nodo flessibilità in uscita
Luglio sarà anche il mese per i sindacati di concentrare le loro richieste sul tema più complicato, quello della flessibilità in uscita. Non è un mistero che la platea di maestranze e professionisti che intendono lasciare in modo anticipato lavoro e impieghi si amplia ogni anno di più. Il tema delle uscite anticipate o come vengono definite “flessibili” sarà l’argomento previsto nell’appuntamento del 18 luglio.
Il terreno è definito dagli osservatori il più “insidioso” perché il più sensibile all’impatto economico sui conti dell’Istituto di previdenza.
In primo luogo c’è da mettere a punto uno strumento unico per gli esodi incentivati, mentre la proroga di Quota 103 (rispetto alla pensione di vecchiaia ordinaria 67 anni, la Quota 103 consente un anticipo del requisito anagrafico di 5 anni) potrebbe rimanere una opzione percorribile. Tra le ipotesi che tuttavia sono state indicate rimane, quella di Quota 41 la favorita – almeno 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, indipendentemente dall’età -. Una Quota 41 per tutti i lavoratori “contributivi” o, in alternativa, per tutti i lavoratori che avrebbero però per il ricalcolo contributivo dell’assegno. La discussione è aperta, i chiarimenti arriveranno nei prossimi giorni. Bozze e decisioni dovranno poi fare i conti con le risorse disponibili.