Il bullismo, e la versione declinata nel mondo digitale, il cyberbullismo, oggi sono considerati dei problemi di salute pubblica, perché determinano disturbi di ansia e umore, autolesionismo, deficit dell’attenzione e maggior rischio di sviluppare dipendenze da alcol e droghe. Da una parte un bullo, o un gruppo di bulli, dall’altra parte una vittima, solitamente un ragazzo o una ragazza ritenuti diversi per etnia, religione, caratteristiche psicofisiche e orientamento sessuale. In mezzo una serie di comportamenti intimidatori, violenza fisica o verbale, che minano il senso di sicurezza e di autostima di chi li subisce, creando un grave disagio nel presente e gravi conseguenze per il futuro. Secondo una rilevazione del 2022 promossa dal Ministero della Salute gli atti di bullismo subiti a scuola sono più frequenti tra gli 11 e i 13 anni e tra le ragazze ma successivamente, l’incidenza tende a ridursi passando dal 19% circa al 9% circa. “Un adolescente o un ragazzo su due sono stati vittime di bullismo o cyberbullismo, sono due facce della stessa medaglia e l’aggressività post-Covid la fa da padrona. La chiusura a casa per diverso tempo e l’utilizzo del web ha portato molti ragazzi, circa il 60%, a temere gli attacchi di cyberbullismo. Se io prendo in giro qualcuno perché la sua squadra ha perso, o per i suoi capelli, questo può essere uno scherzo vicendevole. Se invece è unilaterale e reiterato, ripetuto tutti i giorni e su diversi aspetti, allora è bullismo. Nei primi tempi il ragazzo di solito per vergogna, nonostante abbia subito un’umiliazione, nasconde il fatto e non racconta nulla per difendersi. Ma così peggiora il suo registro scolastico, non vuole trovarsi a scuola o in luoghi dello sport perché teme che lì i bulli possano colpirlo ancora”, ha affermato Luca Bernardo, direttore del dipartimento di pediatria dell’ospedale Fatebenefratelli di Milano e coordinatore del centro nazionale sul cyberbullismo. Diventa dunque delicato per i genitori, prima ancora di affrontarli, venire a conoscenza di episodi di bullismo subiti dai propri figli. “I genitori devono comprendere i segnali. Non è detto che il ragazzo o bambino racconti di aver subito bullismo. Allora bisogna capirlo attraverso i cambiamenti di vita che ha, non voler improvvisamente andare a scuola o a una festa. Si capisce che qualcosa non va, se ne parla con loro e poi col dirigente scolastico della scuola, iniziando con dei passaggi in cui in classe si parla di quanto successo. E poi c’è il terzo soggetto, lo specialista, che sia un pediatra o adoloscentelogo o psicologo a seconda del danno subito. Il mio consiglio ai genitori è di non essere mai amici del proprio figlio, è la cosa più sbagliata. Dovete dargli amore familiare, ma comprendere che serve un aiuto, quello del terzo soggetto, lo specialista”, ha spiegato il professore.