La chirurgia robotica è la naturale evoluzione della chirurgia laparoscopica, e in particolare permette di raggiungere sedi anatomiche difficili da trattare. Viene infatti utilizzata soprattutto nella regione toracica e in quella addominale. Nel sistema robotico, il chirurgo che esegue l’intervento non è al letto operatorio, ma seduto davanti a una console tecnologica. Da qui, utilizzando dispositivi simili ai joystick dei giochi elettronici, manovra gli strumenti chirurgici montati sui bracci del robot che fisicamente esegue l’intervento. La chirurgia robotica, pertanto, permette di superare i limiti dell’uomo chirurgo, dalla vista, alla mobilità, alla memoria, data la possibilità di sovrapporre al campo operatorio immagini radiologiche che permettono di rendere ancora più preciso e radicale l’intervento. “La chirurgia robotica è una chirurgia mininvasiva, questo significa una ripresa più rapida dopo l’intervento, meno complicanze, una grande precisione: è come operare col microscopio. Noi nella nostra struttura abbiamo quattro piattaforme robotiche a disposizione, per cui facciamo tanti interventi. Il robot è anche uno strumento di insegnamento molto valido: al giorno d’oggi, conta soprattutto però avere anche uno sfondo di chirurgia tradizionale, mentre in un futuro remoto avremo chirurghi che partiranno direttamente dal robot. Una tecnologia che pian piano prende campo anche in Italia. La chirurgia robotica è ancora in fase di sviluppo, soprattutto in ambito addominale. Questo perché fino a oggi i robot sono estremamente costosi e non ce ne sono ancora tanti a disposizione. Il più diffuso è il Da Vinci, ma ci sono altre piattaforme che stanno entrando nel mercato”, ha spiegato professor Paolo Bianchi, Direttore del dipartimento di chirurgia dell’Unità Complessa di chirurgia dell’Ospedale San Paolo di Milano e professore a contratto della Scuola di Specializzazione in Chirurgia dell’Apparato Digerente ed Endoscopia Digestiva Chirurgica di Milano.