La Repubblica riconosce le peculiarità delle Isole e promuove le misure necessarie a rimuovere gli svantaggi derivanti dall’insularità.
È l’esatta terminologia giuridica conseguente al lungo e travagliato percorso legislativo a seguito di un referendum popolare consultivo della Regione Sardegna, durante l’intera precedente legislatura e anche
oltre, avendo concluso il suo iter a Camere sciolte.
Ne è scaturita la legge costituzionale n. 2 del 7 novembre 2022, recante “Modifiche all’articolo 119 della Costituzione, concernente il riconoscimento della peculiarità delle Isole e il superamento degli
svantaggi derivanti dall’insularità, che ne ha attestato la sua giuridica esistenza esattamente nell’articolo 119 della nostra Costituzione, dopo i precedenti cinque commi e che, con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 267 del 15 novembre scorso è entrata in vigore, dopo i tradizionali 15 giorni di vacatio legis, il 30 novembre successivo.
Il predetto articolo 119 si è irrobustito, quindi, di questo piccolo ma significativo comma, per non dire che la Costituzione si è fatta carico di una grande ulteriore responsabilità.
Le isole italiane che ne dovrebbero trarre beneficio, considerato che la norma è stata concepita proprio per eliminare o quanto meno ridurre i disagi che ne impediscono la dignitosa, tranquilla e sicura vivibilità
nelle isole, sono circa 800.
Il principale disagio che subiscono gli abitanti, anche temporaneamente, specie nelle isole più piccole e lontane dal continente, è quello della carenza o non sistematica assistenza sanitaria riguardante, soprattutto, la pediatria e la difficoltà nella frequenza dell’obbligo scolastico.
Tra gli altri innumerevoli disagi si possono annoverare quelli che riguardano l’approvvigionamento di tutte le materie prime, sussidiarie e voluttuarie, con ripercussioni sulla lievitazione dei prezzi per il trasporto e sulla fornitura di servizi e assistenze varie nel campo energetico e generi di prima necessità.
Non a caso, in questa legislatura vi è la volontà di produrre una serie di riforme di revisione costituzionale, ad iniziare dal titolo V, ancora incompiute dopo quella del 2001.
Nella recente legge quadro, appunto, sulla riforma delle autonomie regionali sono in discussione ben 23 materie che la riforma costituzionale del 2001 ha attribuito alla competenza concorrente fra Stato e Regioni.
Delle venti regioni della Repubblica cinque sono a statuto speciale, tra cui le due principali isole, la Sicilia e la Sardegna, coi benefici attesi in virtù della loro insularità, mentre sul tavolo delle trattative il Veneto e la Lombardia esibiscono l’esito positivo del referendum popolare del 2017 ed entrambe, insieme al Piemonte hanno già fatto sapere che sarebbero in discussione le 23 materie dell’attuale legislazione concorrente di cui al terzo comma dell’articolo 117.
Tra le altre problematiche e qualche diversità di opinione che emergeranno, occorre superare, innanzitutto, lo scoglio che divide maggiormente i Presidenti delle Regioni del Nord e quelle del Sud riguardanti l’istruzione e la salute.
Venti scuole e venti sanità regionali nuocerebbero proprio all’unità della Nazione, anche se è fondamentale risolvere, per prima cosa, i livelli essenziali di prestazione (Lep) su tutto il territorio nazionale che lo Stato deve garantire.
Si confida, quindi, che possa essere raggiunto l’accordo unanime nella Conferenza Stato-Regioni per superare i numerosi interrogativi che il provvedimento presenta in modo che i basilari principi costituzionali
vengano rispettati, tra cui i diritti inviolabili e il principio di solidarietà dettati nell’articolo 2 Cost. e quello di parità di accesso alle cariche pubbliche di cui all’altro articolo 51, oltre, ovviamente, a rimuovere gli svantaggi – non pochi – derivanti dall’insularità di cui la Costituzione si è appena fatto carico.