domenica, 22 Dicembre, 2024
Economia

Stop a patto sociale e salario minimo. Riforme e miliardi a rischio

La crisi di Governo  mette a rischio riforme ad alto impatto sociale ed economico. Un azzardo che può essere arginato da un Governo che traghetti le emergenze a soluzione, ad iniziare dall’approvazione della legge di Bilancio. Passaggio obbligato per mettere mano ad alcune delle riforme più attese come quella delle politiche attive del lavoro, – non si vive infatti di soli Bonus – e quella della previdenza che ha in scadenza Quota 102, Opzioni donna e Ape sociale. L’elenco dei problemi rimasti insoluti mentre erano in dirittura d’arrivo è lungo. Ecco una sintesi

I rischi delle incompiute

Tra le priorità indicate nel Piano sociale proposto dal premier Draghi, c’è il decreto Aiuti, con i fondi da dare a famiglie e imprese per ridurre gli effetti dell’infrazione. Calmierare l’aumento dei prezzi e la corsa degli energetici. C’era da affrontare la contrastata legge per la Concorrenza, rimasta appesa alla protesta dei taxi. Così come avrà una frenata l’attuazione dei progetti del Piano nazionale di Ripresa. Il completamento delle riforme della giustizia civile, penale e tributaria. Riforme indicate come urgenti e tra l’altro inserite nel Pnrr. C’è il grande capitolo della Transizione verde. Il riordino della scuola. Il tema Previdenza con la complessità di un sistema in crisi. E, ancora, salta il dibattito sul Salario minimo e il taglio del Cuneo fiscale. I grandi temi geo politici ed economici come il tetto al prezzo del gas e l’invio di armi all’Ucraina. La crisi di governo mette a rischio 55 snodi obbligati del Piano nazionale di Ripresa da centrare nel secondo semestre del 2022, cui è legata la terza rata europea da 21,84 miliardi.

Patto sociale addio

La caduta dell’Esecutivo rallenterà una serie di provvedimenti sul lavoro, a cominciare da quel “Patto sociale” proposto dal premier Mario Draghi. Parliamo del taglio del cuneo fiscale-contributivo, che dopo anni di annunci, sembrava ormai incanalato verso una reale concretizzazione.
Ma parliamo anche del complessivo rilancio delle politiche attive del lavoro, con il ministero del Lavoro che deve ancora chiarire diversi aspetti attuativi, a cominciare dal ruolo dei privati e dei fondi interprofessionali. C’è poi la discussione aperta su un rafforzamento della cig “scontata” (viste le conseguenze della guerra in Ucraina) e il decollo del sistema duale. Ma andiamo con ordine.

Cuneo fiscale, stop

I Sindacati erano andati in pressing per ridurre le tasse sul lavoro e incentivare gli stipendi, tema su cui tutto l’arco parlamentare del governo Draghi aveva dato l’assenso. Tagliare il costo del lavoro per dare più peso alle buste paga e incentivare i consumi. Secondo le prime simulazioni dei tecnici del Mef, per l’operazione sarebbero stati messi sul piatto 4-5 miliardi. Inoltre l’intervento avrebbe dato respiro ai redditi
sotto i 35mila euro. Una scelta che doveva essere discussa ancora con Confindustria, ma in generale la proposta di ridurre tasse a favore degli stipendi era un passaggio ormai deciso. Nel confronto è rimasto in piedi anche la proposta forte di Confindustria per un intervento strutturale sul Cuneo dal costo pero salato di 16 miliardi che avrebbero permesso ai lavoratori, secondo il calcolo degli industriali, di percepire una mensilità in più l’anno.

Salario minimo non ci sarà

Se va in archivio il cuneo fiscale, per il salario minimo le decisioni tornano in alto mare. La crisi di governo, blocca il dibattito sul salario minimo e sui contratti. Nell’ultimo incontro con le parti sociali, l’esecutivo Draghi ha annunciato l’intenzione di intervenire per aumentare le retribuzioni. Il confronto ha visto posizioni diverse tra sindacati che con cautela premono sulle nuove remunerazioni orarie e le Associazioni datoriali che frenano. A mettere una proposta nuova sul tavolo il ministro del lavoro Orlando che ha indicato
Trattamento economico complessivo, (Tec) una via per ragionare sui salari dei contratti leader dei singoli settori produttivi. Il tema è rimasto incompleto. Per le Associazioni di categoria c’è un problema, perché il salario minimo andrebbe in rotta di collisione con la Contrattazione nazionale collettiva, che a loro giudizio offre maggiore tutele.

Riforma lavoro congelata

Frenata anche per le politiche attive del lavoro. A dicembre rimane l’obiettivo di formare e inserire nel mondo occupazionale circa 300 mila persone il Piano ne prevedeva 600 mila, che possono beneficiare del programma Gol (Garanzia di occupabilità dei lavoratori). Si tratta però di un percorso a tappe perché le Regioni hanno avviato le azioni previste ma ora bisognava dare sintesi sui progetti e i livelli di inserimento dei lavoratori. Inoltre in ballo c’è anche la riforma della Cassa integrazione guadagni, strumento in scadenza che era da rimodellare per evitare il costoso sovrapporsi di deroghe.

Il dossier gas e prezzi

Come è noto il premier Draghi era impegnato in Europa nel far prevalere la linea di un tetto al prezzo del gas per frenare la corsa dei costi dell’energia e arginare la spirale inflazionistica. Un decisione che era prossima ad essere discussa per mettere d’accordo le esigenze di diversi Paesi. Ora l’assenza di Draghi potrebbe provocare un ripensamento sul cup price, e saranno ulteriori guai per le famiglie e imprese italiane. Queste ultime rischiano di frenare o addirittura bloccare la produzione per evitare di lavorare in perdita.

Concorrenza, i nodi rimangono

Saltano le riforme già in dirittura d’arrivo che fanno parte degli obiettivi del Piano nazionale di Ripresa che sono ora all’esame del Parlamento. È il caso della delega fiscale, per la riforma del sistema tributario. Dopo gli accordi di maggioranza sul Catasto si attende il via libera della commissione finanze del Senato. Cosi come per l’altro decreto Concorrenza, il cui iter in questi giorni sta segnando una accelerazione ed è all’esame in commissione alla Camera. Un tema controverso che dopo i balneatori sul quale si è trovata una intesa adesso c’è il problema dell’articolo 10 sui taxi. Questione che ha innescato prese di posizioni e scontri di piazza.

La frenata del Pnrr

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza, che per l’Italia vale complessivamente 191 miliardi di fondi europei, è ora in frenata.
Si sottolinea che il Piano è alla prova dei fatti e quindi in un passaggio delicato perché dopo due anni ci progetti prossimi ad entrare nella fase operativa. Sono i numeri a testimoniare la delicatezza del momento. Per i prossimi 5 mesi dovranno essere raggiunti 100 obiettivi: 45 ne sono già stati centrati nel primo semestre consentendo la richiesta della seconda rata da 24 miliardi.
 

Pensioni, riforma bloccata

Previdenza e legge Finanziaria sono i due temi complessi e intrecciati tra loro. Il capitolo costi è quello sotto osservazione da Palazzo Chigi e da Bruxelles. In più per mettere mano alle decisioni serve un Governo che abbia una maggioranza coesa e la pienezza dei propri poteri. La messa a punto della manovra di una Finanziaria resta un passaggio forte per qualsiasi Esecutivo. Nei progetti di Draghi
c’era la riduzione delle spese per un Bilancio che deve ad ogni costo arginare il debito pubblico. La Finanziaria rimane il perno attorno a cui girerà il resto delle riforme solo dopo aver delineato il nuovo quadro previsionale della finanziaria il Governo che verrà fuori dal vita potrà valutare gli interventi da mettere in campo. Si dovrà decidere sul cuneo fiscale in modo strutturale, e sulla riforma delle pensioni. Quest’ultimo capitolo è tra le emergenze, scade infatti Quota 102, oltre che l’Ape Sociale e Opzione Donna. Il ministro del lavoro Orlando ha dato rassicurazioni circa l’impegno ad attivare i meccanismi di proroga.
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