L’effervescenza politica in Italia non manca, i partiti nascono come funghi e spesso con una imprevedibilità sconcertante. Ma quasi sempre emergono dall’interno di altre formazioni politiche. Eccetto il movimento dei 5 stelle, nato da un blog di Grillo e cresciuto con rapidità fino a raggiungere il 33% nelle elezioni politiche del 2018, non abbiamo assistito a fenomeni di innovazione politica emersi spontaneamente e fuori dal recinto dei partiti esistenti.
Nessuno si aspettava che pochi ragazzi, non inquadrati come militanti di questo o quel partito, potessero avviare una mobilitazione di piazza come quella messa in opera dalle ormai famose “sardine” che, nel volgere di poche ore, hanno riempito piazza Maggiore a Bologna e poi replicato il successo a Modena e in altre città.
Queste sardine non hanno alcuna intenzione di formare un nuovo partito o di un movimento che abbia un orizzonte di impegno politico strutturato. Ma non sembrano un fenomeno effimero, uno sfogo momentaneo destinato ad evaporare in poco tempo.
Questi giovani si sono aggregati spontaneamente perché hanno voglia di esorcizzare la paura, di richiamare valori di libertà, partecipazione, democrazia. Sembrano desiderosi di una politica nuova, che dia risposta ai loro problemi senza ripetere le solite litanie cui non fanno seguito comportamenti concreti.
La compostezza e la civiltà con cui hanno espresso il loro dissenso dal populismo, dal sovranismo e dalla deriva di destra è il segnale della presenza di una gioventù italiana che non è prigioniera né degli istinti aizzati tramite i social media dai diffusori di odio né del distacco dai fenomeni sociali che ha interrotto il dialogo di certa sinistra con la società italiana.
E dunque, il vero messaggio che le sardine lanciano è sì contro la destra e il salvinismo ma è soprattutto rivolto verso il Pd e la sinistra in genere che da 10 anni in qua sembra tutta intenta a ridurre il dibattito interno ad un confronto tra le ambizioni di gruppi dirigenti, dimenticando quello che si agita fuori delle stanze del partito e del potere istituzionale.
Le sardine sono il segnale che il modo di dialogare del PD e della sinistra con le nuove generazioni e con la società è inefficace e che non riesce più a suscitare entusiasmo, passione politica, partecipazione. D’altro canto, se non ascolti non puoi dialogare. E la sinistra ascolta poco perché ha perso il contatto “fisico” con le realtà giovanili, col disagio sociale, con i lavoratori sempre più precari, lasciando questa prateria sociale senza protezione rispetto agli assalti della predicazione populista e nazionalista.
Dicevamo prima dell’effervescenza politica che è frequente in Italia. Ma da noi è anche frequente la rapida obsolescenza dei nuovi partiti che, nel volgere di pochi anni, si impantanano nei rituali della vecchia politica, che non parlano più il linguaggio della gente e quindi, non facendosi capire, finiscono per non capire neanche loro cosa passa per testa e per la pancia dei cittadini.
Il Pd e la sinistra non cerchino di mettere il proprio cappello sulle sardine, che pure saranno per loro ossigeno indispensabile nelle competizioni elettorali dei prossimi mesi. Lascino che esse si muovano in autonomia, che si organizzino senza condizionamenti e strumentalizzazioni, che si esprimano in totale libertà, che facciano sentire la loro voce, la loro passione per una politica pulita, seria, concreta, meno paludata e paralizzata dalle lotte intestine di elites poco adeguate.
E sappiano soprattutto ascoltare, mettersi in discussione, riaprire le porte della politica a energie nuove, mettendosi in discussione e mettendosi anche da parte, se necessario. Dalle sardine viene un segnale che può attrarre altri giovani alla politica e sottrarli all’indifferenza, alla rassegnazione o peggio alle suggestioni della sloganistica di destra. Ma la sinistra sappia essere umile e mettersi in discussione, se non vuole diventare un salmone.