Verrebbe da chiedersi a che punto è la notte. Perché se da un lato si era già in clamoroso ritardo sulla tabella di marcia, dall’altro il combinato disposto pandemia-guerra rischia di deragliare del tutto l’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.
L’impatto del conflitto, infatti, è già evidente a livello globale. L’ONU sottolinea nel suo ultimo rapporto che i bruschi e forti aumenti dei prezzi dei carburanti, dei prodotti alimentari, dei fertilizzanti e di alcuni metalli e minerali sono segnali chiari in questo senso. E che gli aumenti dei prezzi dell’energia e dei generi alimentari colpiranno in modo sproporzionato i paesi importatori, nonché le economie più fragili.
In particolare, la carenza globale e il conseguente aumento dei prezzi di grano, cereali secondari, fertilizzanti e petrolio greggio non solo peggioreranno il quadro macroeconomico, ma anche gli altri indicatori di sviluppo, specialmente quelli relativi alla povertà e alla sicurezza alimentare.
Insomma, sostiene il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, siamo nel pieno di un’emergenza alimentare che va a sommarsi a quella climatica e alla “tragedia umana” della pandemia. In altri termini, una tempesta perfetta.
Come uscirne?
Il rapporto esorta ad adottare e investire in politiche che costruiscano un’economia inclusiva, resiliente e sostenibile; a non lasciare indietro nessuno istituendo sistemi sanitari e di protezione sociale solidi e universali; a promuovere percorsi sostenibili per proteggere il pianeta; e a rafforzare la cooperazione e il partenariato multilaterali.
In fin dei conti, la chiave di volta è stimolare nel quadro degli obiettivi di sviluppo sostenibile un approccio olistico, cooperativo e trasformazionale che metta al centro salvaguardia ambientale e sociale.
Politiche attive per il lavoro
A tal proposito, degno di nota è il richiamo a sostenere politiche attive per il lavoro come la promozione di percorsi imprenditoriali per evitare scollamenti delle fasce più deboli della popolazione e quindi esclusione sociale.
“Per ripartire meglio occorre sostenere i gruppi sociali svantaggiati”, sottolinea il rapporto, “come le donne, gli anziani, i disoccupati, le minoranze etniche, gli immigrati e le persone con disabilità garantendo loro un maggiore accesso ai finanziamenti, formazione in materia di leadership, gestione e networking”.
Creare valore per tutti
È quindi necessario focalizzarsi sulla creazione e distribuzione diffusa di valore partendo dagli anelli deboli della catena, nella consapevolezza che ogni sistema è tanto forte quanto lo è il suo anello più debole.
Si tratta di un programma politico a tutto tondo che ora più che mai dovrebbe aiutare i paesi a vedere uno spazio comune non solo di progettazione ma anche di sviluppo.