Nelle ultime ore è emersa la “pervicace volontà” – secondo il gip Sergio Enea nell’ordinanza di custodia cautelare per “l’orribile mattanza” avvenuta il 6 aprile 2020 – di negare ai detenuti del carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) qualsiasi assistenza medica. Le sospensioni da parte del Dap sono adesso 77, tra i dirigenti della polizia penitenziaria – inclusi due vicedirettori ed un vicecomandante .
IL VUOTO DEL MALE
Vari i reati su cui indaga la procura, tra cui maltrattamenti, lesioni, torture. Il tutto esercitato non per mezzo di quella forza bruta cui – quale anonimo casus belli – imputiamo troppo spesso tutte le colpe; ma dell’ignoranza, dell’imitazione di schemi sicuri, della vittoria sempiterna dei cliché più vieti e tetri. Del resto la riflessione agostiniana che il male richiamasse, più di ogni altro aspetto, la banalità l’hanno sottoscritta in molti e in molteplici forme: dalla Arendt ad Edith Stein, a Nietzsche: che ne scorgeva la primigenia arretratezza, la mancanza di sensibilità, ergo d’intelletto.
FORTI CON I DEBOLI E DEBOLI CON I FORTI
Perché manifestare la forza sui deboli è da deboli, rendere oggetto un essere umano è il principio proprio di quella forza banale, vuota, stupida e miserabile descritta da Weil e svuotata persino del suo spirito atavico di forza. O più semplicemente è il fulcro marcio della società che mai s’abbatte: fare il forte con i deboli ed il debole con i forti. Come lo disse Pietro Nenni e sembra ad oggi più calzante che mai: “Lo Stato italiano è forte con i deboli e debole con i forti”. Ed ancora una volta ce l’ha pienamente dimostrato. Ma è anche vero – soprattutto in uno Stato – che spesso proprio “l’anello più debole è anche il più forte” perché “spezza le catene” secondo le parole di Stanislaw Jerzy Lec, lo scrittore e poeta polacco.
LE CATENE SPEZZATE
E ritengo che i detenuti, in qualche modo, tramite il terribile supplizio subito, le catene l’abbiano spezzate. Non solo quelle del carcere, della cella che li imprigiona: anche quelle del tempo che è vuoto dietro le sbarre ma che s’è fermato per osservare il loro dolore, per spezzare la nostra indifferenza: quella verso la parte d’umanità che è rinchiusa e che sconta una pena; un’espiazione di pena che è un esercizio di giustizia e di legalità e che non può, non deve trasformarsi in un atroce abuso di forza debole.